Serviranno le furenti giornate genovesi a renderci definitivamente consapevoli che nel nostro paese è in corso una colossale spoliazione dei beni pubblici, un vero e proprio furto del patrimonio di noi tutti, cittadini e cittadine? Una trattativa sindacale sembra aver attenuato il conflitto tra il Comune e i tranvieri, sebbene restino asprezze e delusioni, ma quei cinque giorni di sciopero stanno lì a segnalare una contraddizione molto più acuta, destinata a riproporsi. A Genova come in altre città, oggi sul trasporto pubblico, domani sugli altri servizi municipali, dopodomani sul patrimonio immobiliare, e poi su caserme e poligoni, sui teatri, sui fondi agricoli, sui beni culturali, sui beni paesaggistici.

Sta insomma succedendo che le istituzioni politiche stanno svendendo l’Italia. Hanno cominciato con quel paradiso in terra che è l’isola di Budelli e chissà se mai si fermeranno. Dal governo in giù, tutte le amministrazioni pubbliche sono chiamate a disfarsi di quell’insieme di beni e servizi con cui finora, tra eccellenze e scricchiolii, sono stati garantiti diritti sociali e corrisposti bisogni popolari. Una politica assassina che non solleverà che di qualche grammo il peso del debito pubblico, e che invece indebolirà irrimediabilmente il paese e immiserirà il corpo sociale. Ma che, al contrario, permetterà cospicue accumulazioni di profitti e rendite, liberando la più selvaggia rincorsa speculativa del capitale finanziario.

I più esposti lungo questa acida traiettoria sono i sindaci, terminali esecutivi di vendite e privatizzazioni. Difficile che cittadini e lavoratori accettino in silenzio le previste deprivazioni; anzi, sempre più ci si riappropria di spazi abbandonati prim’ancora che vengano messi all’incanto, sempre più si estendono i conflitti territoriali per salvaguardare terre, mari e cieli. Il Teatro Valle e la Val di Susa, il Colorificio di Pisa e la lotta contro discariche e inceneritori, così come le centinaia di vertenze sparse nel paese sono tutti segmenti della stessa battaglia per i beni comuni. Sarà sempre più arduo comporre un conflitto che ormai s’accende in ogni dove: e i margini tra l’incalzare degli interessi e la tutela dei bisogni si stanno definitivamente estinguendo. I sindaci dovranno scegliere se diventare i funzionari liquidatori della propria amministrazione o se difendere i propri beni, le proprie comunità.

Tra il sindaco di Torino che privatizza il trasporto pubblico e quello di Messina che requisisce un villaggio per ospitarvi i sopravvissuti del naufragio di Pantelleria, c’è una differenza significativa: lungo la quale transita la scelta se rendersi partecipe del massacro nazionale o se sottrarsi e promuovere politiche alternative.

E proprio per offrire agli enti locali proposte e materiali che consentano una diversa gestione amministrativa, per sfuggire ai vincoli e agli obblighi che si scaricano sui Comuni, è in corso a Pisa l’incontro nazionale delle città solidali. E’ cominciato venerdì e si concluderà oggi pomeriggio. Tanti gli argomenti e le pratiche in discussione, tra cui i bilanci comunali sostenibili, l’estensione dei servizi sociali, l’uso sociale del patrimonio abbandonato, la valorizzazione culturale, la salvaguardia di territori e paesaggi, la democrazia partecipata, i diritti non più negati ma accolti e soddisfatti. E’ una realtà allo stato nascente composta attualmente da amministratori e amministratrici di una quindicina di città, da Messina ad Ancona, da Brescia a Firenze, da Imperia a Brindisi. Siamo sicuri che presto estenderà la sua rete di collaborazioni e collegamenti.