Nell’economia italiana «si rafforzano i segnali di rallentamento delineando uno scenario di minore intensità della crescita». Lo scrive l’Istat nell’ultima nota mensile relativa al mese di aprile. Nello stesso mese, prosegue l’analisi, la fiducia di imprese e famiglie è caratterizzata da una generale tendenza al peggioramento.

Per quanto riguarda il primo trimestre dell’anno, l’Istat ricorda che l’economia italiana è cresciuta allo stesso ritmo dei trimestri precedenti. La produzione del settore manifatturiero e l’export hanno registrato invece alcuni segnali di flessione. L’occupazione è tornata ad aumentare anche se il processo di crescita di quella femminile ha segnato una pausa. A marzo il tasso di disoccupazione italiano è rimasto stabile all’11% (8,5% la media dell’area euro). L’inflazione si è confermata moderata e in ripiegamento. Il commercio internazionale e l’economia dell’area euro mostrano infine lieve rallentamento.

Commentando i dati, e riferendosi allo stesso tempo alla difficile situazione politica italiana, il presidente di Confapi, Maurizio Casasco, chiede di «chiudere il sipario dei teatrini e aprire la strada a un governo in grado di guidare con responsabilità il Paese». Per Confapi, si deve «aiutare e supportare chi crea lavoro e sviluppo economico e sociale. Senza calcolare che, tra l’altro, incombe su di noi, come una spada di Damocle, l’attuazione delle clausole di salvaguardia con un conseguente aumento dell’Iva: costerebbe più di 30 miliardi e sarebbe disastroso da ogni punto di vista».

Per Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, il rallentamento della crescita indicato dall’Istat «non è preoccupante però dà un dato tendenziale». «Noi – aggiunge – siamo il Paese che cresce meno degli altri, abbiamo deficit di competitività importanti» e «dobbiamo prepararci a questa fase di rallentamento potenziale dell’economia mondiale».

Confindustria chiede investimenti sulle infrastrutture e sostegno alla competitività dei prodotti che esportiamo: «Ricordiamo che noi sulle infrastrutture negli ultimi anni abbiamo investito molto meno degli altri Paesi, a partire dalla Spagna – spiega Boccia – E viviamo di export, oltre 400 miliardi l’anno, contro gli 800 della Germania. Dobbiamo ambire ad aumentare la quota di esportazioni».