L’illusione può soddisfare irrealistici bisogni immediati dell’essere umano, producendo un appagamento transitorio, ma in seconda battuta si rivela una patologia generatrice di sofferenze ben più gravi di quelle derivanti dal confronto con la realtà.
Di cosa si ha ancora bisogno per concludere che l’Italia deve prendere le distanze al più presto e nel modo più soft possibile dalle patologiche politiche imposte dalla Germania, distruttive sia del benessere dei popoli europei (in primis quello italiano) sia di quel residuo ideale di Europa solidale che ha un fondamento solo nel rispetto del principio di autonomia delle politiche fiscali e monetarie di ciascun paese membro e dei valori della democrazia (ricordo, en passant, che le istituzioni Ue non sono democratiche, come conferma l’esclusione dalla pre-riunione dell’Eurogruppo del 7 aprile scorso del Presidente del Parlamento Europeo, vale a dire del solo organismo democraticamente eletto dell’Ue).
È quanto mai evidente che l’approdo ultimo della cosiddetta Unione Europea non saranno mai gli Stati Uniti d’Europa, che il direttorio Europeo (Berlino-Parigi) non ha mai inserito nel proprio orizzonte politico. Il miraggio di coltivare questa onirica ingenuità viene lasciato allo sprovveduto ceto dirigente italiano, ignaro della storia e della geopolitica dei popoli, mentre le nostre risorse nazionali vengono saccheggiate.
Qualcuno potrebbe aggiungere che vi sono in Italia forze sottostanti che agiscono nell’ombra per impedire questo recupero di consapevolezza, seppure tardiva. È probabilmente così. Secondo il modesto ragionare dello scrivente una di queste forze è costituita dalla barriera invalicabile della grande informazione pubblica-privata, televisiva e stampata, vale a dire – le eccezioni sono ovunque e non cambiano la scena – il clero mediatico-accademico, colonna portante per ogni gruppo politico che intenda accedere al potere.
Sotto i colpi del virus, tuttavia, stanno vacillando molte certezze, persino quella di un popolo tenuto sinora deliberatamente all’oscuro del significato delle decisioni assunte dal ceto politico italiano (il fondamentale e distruttivo Trattato di Maastricht fu approvato nel 1992 senza un serio dibattito parlamentare e nel paese) di fronte all’impietosa realtà di un’Unione Europea dominata dal nazionalismo-sovranismo tedesco e dei paesi satelliti.
Il cosiddetto Eurogruppo (organismo informale formato dai Ministri delle finanze dell’Ue) sta in questo momento cucinando piatti prelibati nel sempiterno interesse dei paesi del Nord. Qualsiasi sarà l’esito di quell’incontro, si può tuttavia scommettere che coronabond, eurobond, prestiti della Banca Europea degli Investimenti ovvero il famigerato Meccanismo Europeo di de-Stabilità (Mes), tutti comporteranno inevitabilmente un aumento del debito pubblico italiano.
Il 6 aprile, sempre a reti unificate, il Presidente del Consiglio Conte ha illustrato le misure di rilancio della nostra economia tra cui 400 miliardi di garanzie statali su prestiti a favore delle imprese in difficoltà.
A fine anno, rebus sic stantibus, l’Italia vedrà quindi aumentare l’ammontare del debito pubblico, sia in valore assoluto che in termini di Pil. Facciamo alcune congetture. Alle maggiori spese per 25 miliardi decretate la settimana scorsa, possiamo ipotizzare che si aggiungeranno almeno altri 40 miliardi nella ragionevole ipotesi che lo Stato debba intervenire per evitare fallimenti di imprese (un 10% circa del totale delle garanzie pubbliche).
Un altro numero imprecisato di miliardi (altro debito) sarà necessario per tenere semplicemente in vita lo Stato, dal momento che cittadini e imprese non potranno pagare le imposte corrisposte fino a ieri.
In totale, per essere conservativi, il debito pubblico potrebbe aumentare di altri 70 miliardi. Anche gli eurobonds, a meno che non vengano congeniati dalla Bce per sparire prima o poi nella capiente pancia della Bce (come farebbe una banca centrale normale, se tedeschi, olandesi e altri nordici non vi si opponessero), questi titoli faranno comunque aumentare il debito complessivo dei paesi beneficiari.
Quanto al denominatore del rapporto debito/Pil, le previsioni indicano che, a causa del coronavirus, secondo Goldman Sachs in Italia nell’anno in corso il Prodotto Interno Lordo scenderà almeno dell’11,6 % (in Germania del 9%). Il Pil italiano nel 2019 è stato di 1788 miliardi di euro, mentre il debito pubblico, al 31 gennaio 2020, ammontava a 2443 miliardi di euro: Oggi il rapporto debito/Pil si attesta dunque intorno al 135%.
Con un incremento di almeno 70 miliardi, il debito complessivo raggiungerà i 2513 miliardi, mentre il Pil dovrebbe scendere a 1581 miliardi. Di conseguenza, il rapporto debito/Pil sfiorerà, si tratta come detto di una stima conservativa, il 159%.
Pur non potendo anticipare le reazioni dei mercati, della Bce, dell’Eurogruppo, della Commissione e via dicendo, e soprattutto della Germania, un punto appare chiaro sin d’ora: il quadro debitorio italiano sarà assai peggiore di oggi. A quel punto, per non veder schizzare lo spread a livelli stellari, il governo italiano – se non lo avrà fatto già prima – potrebbe essere costretto ad accettare il ricorso allo sciagurato Meccanismo Europeo di (de-)Stabilità, con esiti imprevedibili sulla tenuta del governo e catastrofici sui servizi sociali e sui beni pubblici essenziali.
Le condizionalità imposte dal Mes sarebbero analoghe a quelle imposte alla Grecia, con l’obiettivo di completare il saccheggio delle ricchezze dell’Italia e dei risparmi privati degli italiani. Eppure, anche le pietre sanno ormai che i tagli alla spesa pubblica costituiscono una misura ciclica controproducente, poiché riducono il Pil, gli introiti dello Stato e la stessa capacità di ripagare il debito. Se lo sanno le pietre, lo sanno dunque anche i tedeschi.
La sola spiegazione di tale scenario è pertanto costituita dall’esistenza di una strategia che ha una dimensione economica e una politica, volta alla colonizzazione e all’asservimento della nazione italiana da parte della Germania (in parte già raggiunto attraverso le non democratiche istituzioni europee che rispondono solo agli interessi tedeschi).
Il nostro Paese rischia oggi la sottrazione definitiva della sua democrazia e l’umiliazione del suo benessere a favore dell’oligarchia finanziaria tedesco-centrica (e sottostante quella mondialista).
Una prova generale di come si spolpa la prosperità di una nazione e si abbatte la resistenza dei ceti subalterni che insistono a voler difendere lo Stato sociale e i beni pubblici.
Vi è d’altra parte una buona notizia che fa ben sperare per il futuro. La fiducia degli italiani nelle istituzioni europee si è dimezzata in poco tempo. Secondo SWG, nel settembre 2019 il 42% degli italiani aveva ancora inspiegabilmente fiducia nell’Unione Europea. Oggi, aprile 2020, costoro sono scesi al 27%. Un crollo simile si registra anche per le principali istituzioni europee, verso la Commissione la fiducia si riduce dal 41% al 24%, verso la Bce da 43% al 25%.
Gli sprovveduti son sempre troppi, ma ormai in netta minoranza, e gli euro-inomani al governo sono in fibrillazione.
Sulla carta avremmo un’occasione unica – anche in adesione alla volontà popolare – per uscire dal tunnel, dal momento che la bestia è ferita. Il carnefice soffre, anche se molto meno, come la vittima, e non avrebbe la forza per reagire, nel giustificato timore di veder – metaforicamente – scorrere il sangue. Si tenga inoltre a mente che l’anello debole di una catena è in realtà il più forte, perché può spezzare la catena. L’Italia è dunque in grado di agire a tutela della propria sopravvivenza utilizzando tutti gli strumenti a disposizione, senza chiedere o aspettarsi il consenso dei cosiddetti partner (non certo amici) europei.
La prima cosa da fare è il recupero di una parziale sovranità monetaria. È vero che è l’intero impianto dell’eurozona che andrebbe ridiscusso, ma per ridurre i traumi si potrebbe procedere – subito e tra le altre cose – all’emissione di biglietti di stato a corso legale (solo in Italia, e nel rispetto delle norme europee), per consentire alla nostra economia di riprendersi, ai nostri disoccupati di trovare un lavoro, ai nostri servizi pubblici di non affondare.
Qualche piccolo shock ci sarà, ma contenuto e gestibile, con l’ausilio ad esempio di validissimi economisti italiani e internazionali, persino premi Nobel, su cui il Governo potrebbe contare, e i quali sono in grado di suggerire gli accorgimenti tecnici necessari, dall’operatività di una banca pubblica, a una gestione diversa delle aste di collocamento del debito, alla diffusione di Certificati di Credito Fiscale e via dicendo.
La sola cosa da non fare ora è non far nulla. Se non si agisce con coraggio, se prevarrà ancora il fascino della servitù nei riguardi di paesi e tecnostrutture centrate su interessi altrui, chiamato vincolo esterno (basti vedere quanto la Germania abbia rispettato gli impegni comuni sottoscritti), beh allora questo ceto politico avrà meritato tutto il nostro biasimo e quello dei posteri, per aver abbandonato al suo destino un popolo intero, insieme ai suoi figli e nipoti.