Gas, turismo e armi. Questi i tre fili che stringono i legami tra Italia ed Egitto a quattro anni dall’uccisione di Giulio Regeni. Dal flusso sempre più massiccio di turisti italiani al boom del commercio di armamenti, fino ai giacimenti vecchi e nuovi di Eni, il 2019 è stato un anno d’oro per chi non si è fatto scrupoli a fare affari con la dittatura. Mentre si spendevano parole di circostanza per chi chiede di ritirare di nuovo l’ambasciatore del Cairo, una diplomazia ‘soft’, lontana dai riflettori, lavorava alacremente a consolidare ed espandere i rapporti economici tra i due paesi. I numeri parlano da soli.

A una prima occhiata, i dati sull’interscambio commerciale Italia-Egitto nel 2019 restano in linea con gli anni passati (si stima un volume complessivo di circa 4,5 miliardi di euro, che fa dell’Italia il primo partner europeo). Ma tra le righe ecco i numeri interessanti: +31% nelle importazioni di prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio e un impressionante +200% nelle importazioni di gas naturale (i dati disponibili sono relativi al confronto tra i primi nove mesi del 2018 e del 2019).

Il gas egiziano ormai, si sa, porta il marchio di Eni. La compagnia petrolifera italiana proprio in questi giorni ha avviato la produzione anche dell’ultimo pozzo del giacimento di Zohr, il più grande del Mediterraneo, portandolo a raggiungere il potenziale massimo di produzione: 85 milioni di metri cubi di gas al giorno. Scoperto nel 2015 e sviluppato in tempi record, Zohr oggi rappresenta da solo un terzo della produzione totale di gas del paese e ha permesso all’Egitto di soddisfare completamente il proprio fabbisogno e tornare a essere un esportatore netto. In totale nel 2019 Eni ha fatto in Egitto 15 nuove scoperte di gas e una nuova importante scoperta di petrolio. «L’Egitto per noi è una storia fantastica» ha dichiarato recentemente in un’intervista l’ad. di Eni Claudio Descalzi, che nel 2019 ha incontrato personalmente al-Sisi almeno due volte. L’ultima due mesi fa, quando il presidente egiziano ha rinnovato gli elogi alla «fruttuosa partnership» con l’azienda italiana. E si capisce, dal 2015 Eni ha investito in Egitto oltre 13 miliardi di dollari.

Non è da meno il settore delle armi, che nel 2019 ha messo a segno un record di vendite all’Egitto. Il valore delle autorizzazioni rilasciate è stato quasi dieci volte quello del 2018, passando da 7 a 69 milioni di euro, mentre l’export è quasi raddoppiato passando da 17 a 31 milioni. È ironico leggere sulla stessa relazione in cui sono pubblicati i dati che le norme dell’Ue hanno «lo scopo di assicurare un’esportazione responsabile di armi da parte degli Stati membri, responsabile nel senso che non contribuisce alla repressione interna o … a violazioni gravi dei diritti umani».

Anche il turismo italiano verso festeggia un picco negli affari. Gli operatori del settore parlano di un +40% di presenze nel 2019, rispetto a un 2018 che già aveva visto un’impennata del 65%. L’Italia con le sue 500.000 presenze è al quarto posto per numero di turisti in Egitto. Merito anche dell’instancabile campagna promozionale dell’Ente del turismo egiziano, che non manca di presenziare a tutte le fiere del settore in Italia. «Spero che, anche grazie agli incontri con gli operatori del settore qui alla fiera di Rimini, l’Italia possa diventare il primo paese per turismo», ha dichiarato il presidente dell’ente, Ahmed Youssef, al Ttg Travel Experience lo scorso ottobre, al quale ha partecipato anche l’ambasciatore Hisham Badr. L’aumento dei turisti nel 2019 «è dovuto a una rinnovata percezione di sicurezza», per la ministra del Turismo Rania al Mashat. Aumentano anche gli investimenti, e in parallelo partono nuovi progetti immobiliari soprattutto nelle destinazioni del Mar Rosso, in un settore in cui gli interessi del complesso economico-militare egiziano sono dominanti.

L’Egitto parteciperà a febbraio anche alla Borsa Internazionale del Turismo di Milano e pochi giorni fa è stato annunciato il lancio di una campagna di marketing congiunta tra ente del turismo egiziano e operatori italiani. ‘Dialogo’ è la parola chiave utilizzata per normalizzare le relazioni con il regime e diffondere l’immagine di un paese amico. È il caso del viaggio in Egitto «sulle orme della sacra famiglia», organizzato da due imprenditori egiziani attivi sostenitori di al-Sisi all’estero, e compiuto a inizio gennaio dal Parlamento della legalità internazionale (che si definisce «movimento culturale, interconfessionale e interreligioso») e ricevuto con tutti gli onori dall’ambasciatore Cantini e dalle autorità egiziane.

Sul sito dell’ambasciata italiana del Cairo, la lista di incontri e accordi con l’Egitto è aggiornata solo fino a fine 2015. Non c’è traccia neppure di quella delegazione di imprenditori che la sera del 3 febbraio 2016, mentre veniva rinvenuto il corpo di Giulio, si trovava nella capitale egiziana per stringere nuovi accordi, accompagnata dall’allora ministra dello sviluppo economico Federica Guidi e dai funzionari diplomatici. Le pressioni su un governo funzionano solo quando a determinate azioni seguono delle conseguenze, sul piano politico o economico. È evidente che il regime egiziano da questo punto di vista non ha nulla da temere da parte dell’Italia.

Rivoluzione 2011, consigli di Mada Masr

Girare per il centro del Cairo nell’anniversario della rivoluzione del 2011 può essere molto pericoloso. Il regime ha sempre il terrore della piazza. Così il sito indipendente Mada Masr ha pubblicato la “guida per sopravvivere” al giro di vite. Già da dicembre si sono intensificate incursioni nelle case, arresti arbitrari e perquisizioni di auto e pedoni. Un’area molto più vasta degli anni passati è blindata dai corpi di sicurezza.

“Evitate di camminare, di usare metro e i minibus, se possibile girate senza smartphone o cancellate tutti i dati (email, messaggi, foto) e le app social, scegliete abiti e un taglio di capelli che non diano nell’occhio”: sono le dritte che il giornale ha raccolto dall’esperienza ormai pluriennale di avvocati e residenti. Par un testimone molte persone si sono temporaneamente trasferite in altre zone, anche fuori città. Agli egiziani che abitano in centro si raccomanda di “non invitare a casa ospiti stranieri, mai”. Per gli stranieri il consiglio è tristemente schietto: “non essere ricercatore o giornalista”.