Alcune assoluzioni, qualche riserva – è il caso della Francia – un severo avvertimento all’Italia, per il debito. Per la prima volta, la Commissione Ue ha espresso un giudizio preventivo sulle finanziarie di 13 paesi dell’euro (esclusi quelli che sono sotto sorveglianza) più tre extra-euro. La Commissione non ha diritto di veto sulle scelte dei singoli paesi, ma considerando la «zona euro come un tutto» si sente legittimata dagli stessi stati nel dare un parere che pretende sia ascoltato, in base al principio che nessuno deve nuocere ai partner.

L’Italia è sul banco degli accusati. Secondo il comunicato di Bruxelles, «esiste un rischio che il progetto di finanziaria per il 2014 non rispetti le regole del Patto di stabilità e di crescita. Il criterio di riduzione del debito in effetti non è rispettato nel 2014». Il prossimo anno il debito italiano sarà al 134%.

La Commissione, inoltre, ha riscontrato solo «progressi limitati» sulle riforme strutturali chieste dal Consiglio europeo a Roma e ne conclude che «l’Italia non può trarre vantaggio dalla clausola di investimento nel 2014, poiché, secondo le previsioni stabilite nell’autunno 2013, non è assicurato l’aggiustamento strutturale minimo richiesto per riportare la ratio debito/pil su una traiettoria sufficientemente discendente»: in altri termini, l’Italia sfonda il tetto del debito, batte dei record, e quindi viene punita, cioè non potrà usufruire della clausola sugli investimenti, che permette a chi è sotto al 3% di deficit di avere la mano più leggera nell’ulteriore riduzione che a medio termine dovrebbe portare questo deficit allo 0,5%.

Per l’Italia sono 3 miliardi di euro che lo stato deve rinunciare a investire, proprio mentre la stessa Commissione europea avverte che la crescita latita (le previsioni sono solo a +0,7% nel 2014).

Il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ha subito protestato, affermando che Bruxelles non ha preso in considerazione «importanti provvedimenti annunciati dal governo, anche se non formalmente inseriti nella legge di stabilità» (a Bruxelles doveva essere presentata entro il 15 ottobre). Più tardi è intervenuto il premier Enrico Letta: «Troppo rigore soffocherebbe la ripresa – ha detto – Con la manovra siamo dentro le regole». Letta ha poi aggiunto che sul fronte del lavoro sono in arrivo altre misure, rassicurando sul fatto che l’anno prossimo «il Pil dell’Italia avrà segno più». Infine ha annunciato che il governo sta lavorando a misure per agevolare l’accesso al credito delle imprese.

Saccomanni è in buona compagnia. Afferma che «non servono aggiustamenti di bilancio» in seguito al giudizio di Bruxelles, esattamente come il suo collega francese, Pierre Moscovici, che – soddisfatto perché la Commissione ha «convalidato la serietà e la credibilità della politica francese» – ha ribadito che non verrà cambiato il contenuto della finanziaria, anche se per Bruxelles «i margini di manovra» di Parigi sono inesistenti «in caso di slittamento».

La Francia ha ottenuto l’approvazione della finanziaria, malgrado un deficit pubblico che sfonda il tetto, al 4,1% per la Commissione (e al 3,9% per il governo), con la promessa di riportarlo nei parametri nel 2015. In Francia, viste le crescenti rivolte anti-tasse, con margini di manovra sempre più ridotti per il governo, il presidente dell’Assemblea nazionale, Claude Bartolone, ha fatto la voce grossa contro la Commissione: il giudizio sulle manovre e le raccomandazioni sempre a favore di tagli e austerità «è l’Europa offerta all’estrema destra, a tutti i nemici dell’Europa».

La Spagna ha anch’essa ricevuto un avvertimento per deficit eccessivi, anche se la finanziaria non era compresa nel «pacchetto» perché il paese è ancora sotto sorveglianza. Ne uscirà a gennaio, mentre l’Irlanda ritroverà la sovranità già a dicembre, uscendo dal piano di aiuti (85 miliardi in tre anni). La Germania, del resto, nei giorni scorsi è stata posta sotto «esame approfondito» per eccesso di export.

Per il commissario alle politiche monetarie, Olli Rehn, «siamo arrivati a una svolta sulla strada della ripresa economica e oggi si mette in atto una tappa essenziale della governance economica rafforzata dell’Europa». Peccato però che la miopia tutta concentrata sui deficit e debiti non abbia ancora fatto reagire con altrettanta solerzia Bruxelles sulla nuova minaccia che sovrasta la zona euro: la deflazione.

La Bce, con molto ritardo, ha cercato di reagire una decina di giorni fa, abbassando i tassi. Ma il rischio resta intero. Hannes Swoboda, capogruppo S&D, ha messo sotto accusa «l’ossessione» della Commisisone per il Fiscal Compact, mentre la ripresa arriverà solo quando verrà combattuta la disoccupazione.