Non sarà una visita come tante quella del commissario europeo all’Economia Moscovici oggi e domani a Roma. Sarà una missione diplomatica con l’obiettivo, se non di raggiungere un accordo, almeno di limitare il danno. Moscovici vedrà Mattarella, Tria e Visco.

L’incontro chiave sarà quello con il capo dello stato, perché è lui il solo che può convincere il governo gialloverde ad abbassare i toni.

E sarà lui, probabilmente, a lanciare oggi stesso, prima dell’incontro, un nuovo invito al dialogo.

Se il governo accettasse di rivedere il deficit al 2,4% la pace sarebbe fatta, ma non succederà. Se però mostrasse almeno una qualche disponibilità a discutere, fosse pure solo formale, offrirebbe un appiglio a chi, come il presidente Juncker e soprattutto come Mario Draghi, vuole evitare una guerra tra Ue e Italia.

IN EUROPA CI SONO anche spinte opposte, e non sono poche. Ieri se ne sono fatte sentire parecchie, a partire dal commissario al Bilancio Oettinger. In un’intervista rilasciata al sito dello Spiegel, annuncia che «la commissione rigetterà il bilancio italiano», senza chiedere modifiche ma bocciando senza mezzi termini i conti e le previsioni di Roma.

Si tratterebbe dunque, per la prima volta nella storia della Ue, di un rinvio secco, con tre settimane di tempo lasciate a Roma per riscrivere la manovra: una posizione che lo stesso Juncker aveva anticipato telefonicamente a Conte.

Più tardi, via Twitter, il commissario torna parzialmente indietro. Definisce la sua posizione come «personale». Nega che la decisione sia già stata presa e la subordina di fatto ai «colloqui informativi» che ci saranno nei prossimi giorni.

LA REALTÀ EMERGE tra le righe. La scelta più rigida è già quasi fatta, ma saranno i colloqui di Conte a Bruxelles e di Moscovici a Roma a decidere per la ratifica o per un ripensamento.

L’incontro di ieri tra Conte e la Merkel è durato una ventina di minuti, senza delegazioni, ed è emersa «la volontà di avviare un dialogo costruttivo». Come dire: niente di fatto.

Oggi il premier italiano vedrà Rutte e Macron, i colleghi che guidano Olanda e Francia, ma difficilmente l’esortazione di Juncker a non affrontare ufficialmente il caso italiano nella riunione del consiglio verrà esaudito.

L’Italia sarebbe in questo caso isolata.

Ieri sono arrivati, uno dopo l’altro, i moniti espliciti di Merkel, del ministro dell’Economia francese Le Maire e anche del premier austriaco Kurz, pur vicino a Salvini. In ogni caso sarà nei colloqui di Bruxelles e di Roma che si vedrà se esiste ancora uno spazio per la diplomazia.

In caso contrario, probabilmente, la Commissione esordirà con la lettera che richiede chiarimenti ma subito dopo, la settimana prossima, passerà a rinviare seccamente la manovra italiana.

I SEGNALI DI IERI non autorizzano grandi speranze. Le parole di Oettinger hanno terremotato subito le borse, con lo spread che, dopo essere sceso sino a 290 punti, ha chiuso a 308. Durissime le risposte al commissario da parte di Salvini e Di Maio. Il primo, da Mosca, replica citando Draghi: «Come lui spero che prevalga il buon senso. Noi tiriamo diritti e non si sognino di mandarci commissari o troike».

Il pentastellato è anche più ruvido: «Oettinger e i commissari dovrebbero comportarsi da persone serie e mordersi la lingua tre volte prima di parlare». Ma le parole definitive vengono pronunciate a Bruxelles, da Conte, prima dell’incontro con la Merkel: «Non ci sono margini per cambiare la manovra».

Il governo gialloverde è deciso ad andare avanti senza concedere nulla, né sul piano della sostanza né su quello della forma.

Lega e M5S danno già per certa la procedura d’infrazione ma non se ne preoccupano. Ritengono anzi che si rivelerà positiva sul piano elettorale e scommettono sul fatto che la decisione finale dovrà prenderla una nuova commissione dopo le elezioni, in un quadro politico europeo segnato dalla vittoria dei partiti «populisti».

È UN AZZARDO. La commissione potrebbe infatti optare per sanzioni applicate più rapidamente. Ma soprattutto gli effetti dello scontro con la Ue potrebbero sommarsi con i verdetti delle agenzie di rating.

Moody’s dovrebbe anticipare il suo giudizio di alcuni giorni, per comunicarlo insieme a quello di S&P intorno al 26 ottobre. Le previsioni considerano quasi certo il declassamento da parte di entrambe, al quale non si dovrebbe però accompagnare per ora l’outlook negativo.

Gli effetti del doppio colpo nelle borse e di riflesso sul fragile sistema bancario italiano sono imprevedibili e potenzialmente devastanti.