I lavoratori di Alitalia dicono «No» alle condizioni di Ita e chiedono tutele rilanciando la mobilitazione unitaria. Nel giorno in cui scadeva l’ultimatum del presidente Ita Alfredo Altavilla per firmare un «regolamento aziendale» peggiorativo del 30% che regoli le 2.800 assunzioni – su 10.500 attuali – della nuova compagnia, i sindacati tengono una grande assemblea fiume con oltre 500 lavoratori prima sotto la sede di Alitalia a Fiumicino, spostandosi poi sotto la sede di Ita al quartiere Eur di Roma.
Qui alle 18 e 45 il presidente Altavilla formalizza la rottura della trattativa – con annesso tentativo di dividere i sindacati dalle associazioni di piloti – e annuncia che Ita andrà avanti unilateralmente con un comunicato molto simile a quello con cui Marchionne – a lungo suo capo in Fiat e Fca – nel 2010 formalizzò la rottura di Pomigliano con la Fiom: «Motivata dal perdurare di pregiudiziali puramente formali che rispecchiano consuetudini e linguaggi non più attuali».
Fit Cisl, Filt Cgil, Uilt e Usb intanto preparano la mobilitazione continuando a chiedere – «serve immediatamente una convocazione, stiamo andando verso un punto di non ritorno, da incoscienti lasciare tutte queste persone col rischio di perdere il lavoro, la tensione si sta alzando», denuncia Fabrizio Cuscito della Filt Cgil – l’intervento dell’azionista unico di Ita (e di Alitalia): il governo. Che ieri per bocca del ministro Giorgetti – rispondendo a una interrogazione di Stefano Fassina – ha ribadito di procedere sotto i diktat di Bruxelles: «La rotta è prestabilita dalla Commissione Ue, siamo in attesa, questione di ore, della decisione finale della Commissione Ue che contiene gli elementi sulla base dei quali l’amministrazione straordinaria di Alitalia si sta muovendo». Secondo Giorgetti «le normative Ue impediscono sostanzialmente allo Stato di costituire un’azienda interamente pubblica: questa deroga è stata concessa subordinatamente a determinate condizioni».
«Ma la disapplicazione del contratto nazionale di lavoro, come la scelta sull’aggiramento del Codice Civile in merito al trasferimento del personale da Alitalia a Ita in caso di cessione di ramo d’azienda e sulla durata della Cassa integrazione sono interamente del governo – ha risposto Fassina nella replica – . Il piano industriale di Ita è finalizzato a realizzare una low cost regionale trainata dal dumping sociale: una soluzione senza futuro. Va invertita la rotta seguita dal management di Ita, in raccordo con i sindacati», ha chiuso Fassina.
Mentre Ita nasce nana, Micheal O’Leary di Ryanair continua a essere trattato coi guanti dalle istituzioni italiane (Enac e aeroporti, ieri a Roma) e si accaparra nuove rotte e spazi di mercato, prendendo in giro i lavoratori («I nostri piloti e il nostro personale guadagnano di più») ma mirando al bersaglio grosso: «abbiamo chiesto che gli slot di Alitalia che non sono utilizzati (e non venduti a Ita con perdita di mercato e azzeramento di entrate per i commissari Alitalia, ndr), a Fiumicino, Linate e Malpensa vengano rilasciati». Insomma: tutto in Italia lavora perché Ryanair si ingrandisca.