Il 2013 è stato un altro anno drammatico per l’economia del Mezzogiorno con un Pil in calo in volume del 4%, più del doppio della contrazione nazionale (-1,9%). L’Istat parla di una «una dinamica piuttosto diversificata, con una riduzione decisamente meno marcata rispetto a quella media nazionale nel Nord-ovest (-0,6%), poco meno intensa nel Nord-est (-1,5%), in linea con il dato nazionale nel Centro (-1,8%)».

Al Sud invece la catastrofe: «Si assiste – scrive l’Istituto Nazionale di Statistica -a una caduta verticale dell’industria (-8,3%) mentre solo l’agricoltura riesce a tenere (-0,3%)». Più equilibrata la situazione produttiva nel Nord-ovest dove le forti diminuzioni del valore aggiunto registrate nel settore primario (-3,1%) e nell’industria (-3,3%) sono state controbilanciate dall’aumento dell’1,1% nei servizi.

Nel Nord-est la contrazione dell’attività economica è decisamente più accentuata nel settore dell’industria (-3,4%), meno marcata in quello terziario (-0,4%). L’agricoltura, in controtendenza, ha registrato un aumento del valore aggiunto del 4,7%. Emerge il ritratto di un paese spaccato in due tronconi, com’è tradizione. La crisi, evidentemente, ha aggravato la situazione. Dopo essersi soffermata sulla produttività territoriale per settori, l’analisi dell’Istat si sofferma sulla questione occupazionale.

L’occupazione in Italia ha registrato, nel 2013, una diminuzione dell’1,9%. L’andamento della crisi a livello territoriale rispecchia le dinamiche del valore aggiunto. Nel Mezzogiorno c’è stata la diminuzione più marcata (-4,5%) e nel Nord-ovest quella più contenuta (- 0,3%), mentre Nord-est e Centro mostrano cali, rispettivamente, dell’1,6% e dell’1,2%. Il calo dell’occupazione nel settore industriale dove il calo è particolarmente pronunciato nel Mezzogiorno (-7,7%) e più contenuto nelle regioni del Centro (-0,7%).

Nelle regioni del Nord la riduzione di occupazione nell’industria è pari a -3,5% nel Nord-est e a -2,9% nel Nord-ovest. Ieri l’Istat ha anche pubblicato un un report sul 15° censimento della popolazione e delle abitazioni dal 2001 al 2011. Aumenta il numero delle famiglie composte da persone che non hanno alcuna relazione di coppia o del tipo genitore-figlio (+39,1%), in particolare, quelle unipersonali sono aumentate del 41,3% in dieci anni. Il numero di famiglie italiane è cresciuto del 12,8% passando da 21.810.676 a 24.611.766.

La quota maggiore di famiglie è costituita da quelle con un solo nucleo (15.941.550); nella gran parte dei casi (14.879.765 famiglie) sono coppie o nuclei monogenitore che vivono senza altre persone residenti. La famiglia nucleare classica, costituita da coppie con figli senza altre persone, si attesta al 32,8% per un totale di circa otto milioni. Per l’Istat sono oltre 7.513 le coppie gay conviventi.

Il dato «è sottostimato perchè raccoglie solo quelle persone che hanno scelto di dichiarare la loro relazione affettiva e la loro convivenza».