Dopo il sequestro del procuratore Selim Kiraz da parte di due membri del Dhkp-c (Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo) e il blitz della polizia che la sera del 31 marzo ha portato alla morte dei rapitori seguita poco più tardi da quella del pm, ieri a Istanbul si sono registrati altri episodi drammatici.

In mattinata, mentre ad Antalya la squadra anti-terrorismo fermava 23 giovani accusati di far parte del Dhkp-c (considerata illegale in Turchia, negli Usa e nella Ue), una persona armata è entrata nella sede del Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) del distretto di Kartal. L’uomo, che aveva con sé una pistola a salve, ha evacuato la palazzina, appendendo nella facciata la bandiera turca con impressa l’immagine della spada del profeta Ali – un simbolo apertamente riconducilbile agli aleviti, musulmani eterodossi che mescolano elementi di sunnismo e sciismo e che costituiscono la minoranza religiosa più larga della Turchia.

La vicenda si è conclusa senza incidenti, con l’arresto dell’uomo da parte della polizia. L’azione, tuttavia, i cui obiettivi non sono stati meglio chiariti, ha suscitato alcuni interrogativi nelle piattaforme online, portando in molti a ipotizzare anche teorie complottistiche per cui il governo stesso avrebbe inscenato la retata per mettere in cattiva luce gli aleviti – tradizionalmente vicini alla sinistra e oppositori dell’attuale governo islamico moderato Akp – e collegarli indirettamente all’episodio di sequestro di Kiraz. Una mossa politica, insomma, in vista delle elezioni politiche previste per giugno, per togliere voti al principale partito d’opposizione (repubblicano del popolo, Chp) il cui stesso leader Kemal Kiliçdaroglu è alevita.

Verso sera però, un altro attacco, questa volta armato, ha messo di nuovo in allarme la città. Due persone hanno assalito con fucili il comando centrale della polizia di Istanbul, in viale Vatan. Nella sparatoria, in cui è rimasto ferito un poliziotto, uno degli attentatori ha perso la vita – una donna su cui è stato trovato del materiale esplosivo – mentre il complice, ferito, è stato bloccato poco dopo. L’attentato al momento della redazione dell’articolo non era stato rivendicato da alcun movimento.

L’aria che si respira nel paese resta molto tesa. Mentre la vita da una parte continua indisturbata, dall’altra, in alcuni strati della società, si percepisce un fermento che rischia di creare una situazione esplosiva. In molti si interrogano sul perché di questa nuova ondata di violenza. Uno dei motivi, secondo la stampa locale, è il fatto che diversi gruppi della sinistra che negli ultimi anni sono tenuti sempre più sotto pressione giudiziaria, non riescono più a sopportare la cappa di repressione nei loro confronti. La crescente sfiducia nel sistema giudiziario, i processi avviati nei confronti dei poliziotti che hanno portato alla morte diversi giovani durante i fatti di Gezi Park del 2013 le cui sentenze considerate troppo lievi – nel caso in cui venga riconosciuta la colpevolezza degli agenti – avrebbero contribuito a rinforzare il risentimento nei confronti del governo, portando qualcuno a cercare di stabilire la giustizia secondo i propri metodi.

Il governo, dal suo canto, non sembra cercare di distendere l’atmosfera. Mentre l’opposizione sostiene che «in Turchia si vuole riproporre lo scenario visto in Iraq e in Siria», e accusa il governo di fomentare la tensione tra aleviti e sunniti, il premier Ahmet Davutolu parla di «una coalizione malvagia» che complotta per lo stesso fine.

«Si sta cercando di ripetere lo scenario cui abbiamo assistito nel 2013. Proprio quando il processo di pace avviato con i curdi sta facendo passi in avanti si cerca di causare confusione mobilitando le differenze settarie ed etniche», ha affermato Davutolu, accusando anche la stampa indipendente di fomentare questa opposizione.

Non inganna però l’ultimo pacchetto di sicurezza, approvato in parlamento la scorsa settimana dopo essere stato osteggiato da tutti i partiti dell’opposizione, che attribuisce alle forze dell’ordine dei poteri straordinari per fermare e perquisire i cittadini senza l’ordine del tribunale, trattenendoli fino a 48 ore, oltre che concedergli il permesso di usare armi da fuoco contro dimostranti in possesso di «armi dannose». Come dice il premier, «la democrazia e le libertà verranno protette in Turchia».