La vicenda dei tre adolescenti israeliani scomparsi giovedì sera nella Cisgiordania occupata, si sta trasformando nella miccia che può provocare una esplosione devastante. La loro sorte – rapiti da un gruppo armato palestinese ha confermato ieri sera il premier Israeliano Benyamin Netanyahu – non genera solo emozione in tutta Israele, ottenendo gran parte dello spazio sui media nazionali, ma rende persino più grave il quadro israelo-palestinese. Senza contare che non mancano coloro che mettono la vicenda addirittura in relazione agli ultimi sviluppi in Iraq e nel resto della regione.

 

I giornali, già prima della notizia del (probabile) sequestro dei tre ragazzi, avevano pubblicato commenti e analisi sull’infiltrazione dello “Stato Islamico in Iraq e Siria” anche in Giordania, quindi alle porte del paese. Così quando venerdì è giunta la rivendicazione del sequestro da parte di un sedicente gruppo “Stato dell’Islam”, per i media israeliani è stato facile fare due più due, quattro. Una rivendicazione poco credibile, per ammissione degli stessi uomini dell’intelligence, ma che alimenta la tesi dei nazionalisti israeliani che vuole i palestinesi sempre più “estremisti”, “fanatici”, quindi inaffidabili per il raggiugimento di qualsiasi accordo politico. Lo stesso premier Netanyahu ha prontamente collegato il sequestro alla recente riconciliazione tra palestinesi e alla costituzione del nuovo governo dell’Anp con l’appoggio del movimento islamico Hamas. Israele farà ”di tutto e con tutti i mezzi” per rintracciare i tre ragazzi che ”sono stati rapiti da un’organizzazione terroristica” e impedire che ”siano trasferiti a Gaza o altrove”, ha avvertito Netanyahu che è tornato ad accusare l’Anp di essere responsabile perché gli autori del rapimento ”sono partiti dal territorio sotto suo controllo” e ha ammonito che le forze israeliane  sono pronte ”a qualsiasi scenario”.

 

Per la destra fuori e dentro il governo, il presidente palestinese Abu Mazen avrebbe mostrato in questi ultimi mesi e settimane il «suo vero volto», quello dell’estremista nemico di Israele e non del moderato favorevole a al compromesso politico che piace ai governi occidentali. Peraltro il sequestro aggiunge tensione anche in casa palestinese dove la riconciliazione Fatah-Hamas e la nascita del nuovo esecutivo di consenso nazionale non ha cambiato nulla sul terreno. L’altro giorno il premier Rami Hamdallah, rispondendo alle domande del New York Times, ha detto che la sua autorità rimane inesistente a Gaza dove, di fatto, continua a governare Hamas. Il movimento islamico replica che anche in Cisgiordania le cose non sono cambiate e che i suoi attivisti e simpatizzanti sono presi di mira non solo dall’esercito israeliano ma ancora dall’intelligence dell’Anp che, aggiunge, prosegue la sua collaborazione di sicurezza con Tel Aviv. In un quadro tanto complesso e fragile, gli avvertimenti minacciosi lanciati da Netanyahu ad Abu Mazen vanno presi molto sul serio. Eventuali sviluppi drammatici della scomparsa dei tre israeliani, innescheranno senza alcun dubbio una durissima reazione militare di Israele nei Territori occupati, con conseguenze incalcolabili.

 

Il ministro della difesa israeliano, Moshe Yaalon, è convinto che i tre adolescenti siano in vita. «Fino a quando non sapremo il contrario, lavoriamo presupponendo che siano ancora vivi» ha detto, aggiungendo che l’esercito ha sventato nel 2013 trenta sequestri di israeliani e quindici nel 2014. Le ricerche dei tre scomparsi – Gilad Shaar, 16 anni, della colonia di Talmon; Naftali Frenkel, 16, del villaggio di Nof Ayalon sulla “linea verde”; Elad Yifrach, 19, di Elad nei pressi di Petah Tikva – si concentrano nella zona di Hebron dove si trova la scuola rabbinica che frequentavano. Tra le varie possibilità c’è quella che i rapiti siano stati separati, rendendo così più difficile il ritrovamento, allo scopo di avviare trattative per uno scambio di prigionieri. L’esercito israeliano ha dispiegato più di 2.000 soldati nell’area di Hebron. Tre battaglioni di paracadutisti e uno di un’altra unità sono stati inviati in altre zone vicine. Ieri il segretario di stato Usa John Kerry ha discusso Abu Mazen dell’intera vicenda, visto che, tra l’altro, uno degli scomparsi ha anche la cittadinanza americana.