‎«La prossima volta che verrò in questa terra farò un murale con il volto di Yasser Arafat, ‎magari su una facciata intera di un palazzo». È questo il prossimo progetto che Jorit Agoch ‎vorrebbe realizzare nei Territori palestinesi occupati, in memoria dello scomparso presidente ‎palestinese di cui ha sentito parlare tanto quando lui era solo un ragazzino. Ma dovrà aspettare ‎anni per metterlo in pratica. Il writer napoletano, noto ormai ad ogni latitudine per il ritratto ‎della 17enne palestinese Ahed Tamimi che ha fatto sul Muro israeliano tra Betlemme e ‎Gerusalemme, dovrà attendere un decennio per poter entrare in Cisgiordania passando per ‎l’aeroporto israeliano di Tel Aviv. Le autorità israeliane, disponendo la sua liberazione 24 ore ‎dopo l’arresto avvenuto sabato pomeriggio – assieme a suoi amici, l’italiano Salvatore e il ‎palestinese Mustafa – hanno stabilito che Jorit Agosh (già tornato in Italia) non potrà entrare ‎in Israele per 10 anni. E se teniamo conto che, nel frattempo, le possibilità che possa nascere ‎uno Stato palestinese indipendente e sovrano, con il pieno controllo delle sue frontiere, sono ‎vicine allo zero, lo street artist non potrà far altro che aspettare la fine del lungo denied entry.

‎ La Farnesina e i rappresentanti diplomatici italiani in Israele e a Gerusalemme hanno svolto ‎un ruolo decisivo per la liberazione di Jorit. Tuttavia non si può non notare che il ministro ‎degli esteri Enzo Moavero Milanesi, commentando con soddisfazione il rilascio di Jorit, ha ‎parlato di arresto «in Israele» mentre è avvenuto a Betlemme. Il capo della diplomazia italiana ‎dovrebbe leggere qualche libro e qualche risoluzione internazionale in più. Betlemme è una ‎città autonoma palestinese secondo gli Accordi di Oslo, all’interno della Cisgiordania sotto ‎occupazione militare israeliana dal 1967. Uno status riconosciuto anche dall’Italia in sede ‎internazionale. Non vogliamo credere che Moavero Milanesi abbia già accettato la legge votata ‎di recente dalla Knesset che proclama la biblica Eretz Israel, ossia tutta la Palestina storica, ‎proprietà esclusiva di Israele e del popolo ebraico. Ieri sera in piazza Habima a Tel Aviv ‎centinaia di ebrei e palestinesi hanno partecipato a una grande lezione pubblica di arabo che la ‎nuova legge ha retrocesso da lingua ufficiale di Israele e lingua con uno “status particolare”.‎

‎ Nelle stesse ore in cui si negoziava la liberazione di Jorit Agoch e dei suoi amici, altri 20 ‎cittadini stranieri – provenienti da Usa, Australia, Svezia, Canada, Malesia, Indonesia, ‎Singapore e Algeria – a bordo della al Awda, una delle imbarcazioni della Freedom Flotilla ‎dirette a Gaza, rimanevano detenuti nel centro di Givon con l’accusa di ‎«ingresso illegale in ‎Israele» e violazione di norme di sicurezza. Accuse senza senso poiché sono stati fermati ‎dalla Marina militare israeliana, domenica, in acque internazionali, mentre erano a circa 47 ‎miglia nautiche dalla costa di Gaza. La al Awda è stata trainata a forza, contro la volontà di ‎passeggeri ed equipaggio, al porto israeliano di Ashdod. Per i detenuti si prevede una rapida ‎espulsione. I due passeggeri israeliani sono stati liberati su cauzione. Le altre imbarcazioni ‎della Freedom Flottila in arrivo subiranno con ogni probabilità la stessa sorte.

‎ A Nabi Saleh e nel resto della Cisgiordania i palestinesi continuano a festeggiare il ritorno ‎a casa della 17enne Ahed Tamimi che ha scontato di prigione circa otto mesi per aver ‎schiaffeggiato due soldati israeliani davanti alla sua abitazione. È stata liberata anche la madre ‎Nariman, incarcerata per aver postato sui social il filmato con il gesto della figlia. Ahed è un ‎simbolo della resistenza palestinese e lei stessa ieri, rispondendo alle domande dell’agenzia ‎Ap, ha annunciato di avere un ‎«futuro in politica». La ragazza allo stesso tempo in più ‎occasioni in queste ore ha ricordato che mentre lei è a casa, altri adolescenti palestinesi ‎restano nelle carceri israeliane. Punto sul quale batte anche Saleh Higazi, responsabile ‎dell’ufficio di Gerusalemme di Amnesty International. ‎«Centinaia di bambini palestinesi ‎continuano ad affrontare le dure condizioni e gli abusi del sistema penitenziario israeliano che ‎infrangono i principi della giustizia minorile e gli standard per il trattamento dei prigionieri‎», ha ‎sottolineato Higazi. Oltre 300 ragazzi palestinesi sono nelle carceri e nei centri di detenzione ‎israeliani, secondo i dati in possesso delle organizzazioni locali per i diritti umani‏.‏