C’è o ci sarebbe anche San Marino tra quei 15-20 paesi ai quali Benyamin Netanyahu intende donare migliaia di fiale di vaccino a evidente scopo diplomatico e politico. 100mila dosi di quello Moderna, secondo i media locali. Forte dell’abbondanza di vaccini ottenuti dalle aziende farmaceutiche Pfizer e Moderna e impegnato in una continua campagna di immagine a favore di Israele, il primo ministro vuole regalare un po’ di vaccini a quei leader africani, europei, sudamericani con i quali ha stretto o si prepara a stringere le relazioni. Con maggior piacere a quelli intenzionati a riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele e a trasferirvi l’ambasciata.

Nell’elenco dei potenziali beneficiari ci sono il Chad, l’Uganda, il Kenya e l’Etiopia, l’Honduras e il Guatemala, l’Ungheria, la Repubblica Ceca, San Marino e le Maldive. Si fa il nome anche della Mauritania. Il Guatemala ha spostato la sua ambasciata a Gerusalemme nel 2018 e altrettanto dovrebbe fare l’Honduras. Praga dice di voler aprire una rappresentanza diplomatica nella città santa dove, nel 2019, Budapest ha inaugurato un ufficio commerciale. Questi paesi rappresentano voti importanti quando sul tavolo all’Onu, all’Ue e in varie istituzioni internazionali si discute di questioni spinose per Israele. Anni fa fecero notizia i voti a suo favore all’Onu giunti da Micronesia e Isole Marshall.

Ciascuna spedizione dovrebbe essere fra 2.000 e 5.000 dosi. Quantitativi simbolici. Solo che il ministero della sanità non sapeva nulla dell’iniziativa escogitata Netanyahu. Ieri il ministro della difesa Benny Gantz ha inveito contro il premier e chiesto che «decisioni diplomatiche e di sicurezza tanto rilevanti» siano discusse e approvate dal consiglio dei ministri. Ieri sera il procuratore generale Avishai Mandelblit ha deciso di vederci più chiaro e ha sospeso il piano di Netanyahu. Ma la diplomazia dei vaccini non genera solo polemiche in casa e rischia di trasformarsi in un boomerang internazionale. Più occhi ora vedono che Israele regala dosi all’estero disinteressandosi della mancanza di vaccini nei Territori palestinesi – dove sino ad oggi ha fatto arrivare solo 3-4000 fiale – sotto la sua occupazione militare in cui vivono cinque milioni di persone. Pur ipotizzando l’invio di altre migliaia di fiale ai palestinesi, Netanyahu non ha alcuna intenzione di estendere al versante orientale della linea verde la campagna di immunizzazioni in corso in Israele.

Ai centri per i diritti umani internazionali chiedono di porre fine a questa discriminazione, Israele risponde che l’assistenza sanitaria dei palestinesi, dall’inizio degli Accordi di Oslo, è di competenza dell’Autorità Nazionale di Abu Mazen. Questa giustificazione incontra obiezioni sempre più autorevoli anche negli Usa. L’ultima è del senatore democratico Bernie Sanders. «È oltraggioso – denuncia Sanders – che Netanyahu utilizzi vaccini in eccedenza per ricompensare i suoi alleati stranieri mentre tanti palestinesi stanno ancora aspettando di vaccinarsi». Il deputato Jamaal Bowman (New York) ha inviato una lettera al console generale di Israele chiedendo perché i coloni israeliani in Cisgiordania ricevono vaccini e i palestinesi no. Il Dipartimento di Stato ritiene «che sia importante per i palestinesi ottenere un maggiore accesso ai vaccini anti-Covid nelle settimane a venire». Anche in Italia si è mosso qualcosa. «Quali azioni intende intraprendere il governo, nei consessi bilaterali con Israele e in quelli internazionali ed europei, per garantire che i vaccini siano distribuiti anche ai palestinesi?», hanno chiesto in una interrogazione al ministro degli esteri Di Maio le deputate Boldrini ed Ehm e i deputati Fassina ed Erasmo.