La Knesset dominata dalla destra ha eletto ieri il laburista Isaac Herzog presidente di Israele con 87 voti su 120 e ha bocciato la candidata di destra e «donna del popolo» Miriam Peretz. Diversi i motivi alla base di questo voto. Tra questi c’è, difficile negarlo, anche l’origine dei due candidati – ashkenazita europea nel caso di Herzog e mizrahi mediorientale in quello di Peretz – a conferma che la frattura che segna la società ebraica israeliana dalla nascita dello Stato nel 1948 non è stata ancora superata sebbene sia meno larga di un tempo. Le origini ashkenazite hanno portato al laburista e liberal Herzog i voti di non pochi deputati della destra che pure non digeriscono le sue posizioni politiche e sminuiscono la sua carriera avvenuta nei salotti confortevoli dell’aristocrazia sionista di radice laburista.

Nato a Tel Aviv, figlio di Chaim Herzog, generale e sesto presidente di Israele, e nipote di Yitzhak HaLevi Herzog, rabbino capo ashkenazita di Israele, Isaac Herzog qualche anno fa si è ritrovato alla guida dei Laburisti malgrado il suo scarso carisma. Ha frequentato poco le periferie degradate del paese e le città ai margini nel cosiddetto «secondo Israele». Parliamo delle città ebraiche, non di quelle arabe di solito fuori dai tour politici che contano. Eppure, in una serata elettorale del 2015, Herzog ebbe per diverse ore l’illusione della vittoria su Benyamin Netanyahu: Israele andò a dormire laburista e al mattino si svegliò di destra e così è rimasto. E da ieri, senza meriti particolari, Herzog è il capo dello stato eletto che a luglio sostituirà Reuven Rivlin.

Miriam Ohayon Peretz, 66 anni, in Israele arrivò nel 1963 da bambina, proveniente da Casablanca, in Marocco. A casa sua più dell’ebraico si parlava arabo, lingua che pare conosca abbastanza bene. Ha vissuto in condizioni di povertà per anni e ha trascorso non poco tempo negli accampamenti (maabarot) in cui venivano inviati gli ebrei provenienti dai paesi arabi. Racconta spesso di aver fatto lavori di ogni tipo per mantenersi agli studi e aiutare la famiglia, in un caso per comprare il frigorifero che i suoi genitori non possedevano. Grazie a una grande determinazione è diventata insegnante ed è stata la preside di una scuola per 22 anni. Come molti mizrahi anche lei si avvicinò alla destra che nei primi anni ’70 seppe cavalcare la protesta degli ebrei «arabi», contro l’elite ashkenazita che dominava Israele sin dal 1948 e che riuscì, con Menachem Begin alla sua guida, ad infliggere la prima sconfitta elettorale al Partito laburista nel 1977. «Quando si vuole definire la posizione degli ebrei mizrahi nel contesto sionista (israeliano) si parla spesso di una posizione a metà tra l’essere parte integrante del sistema ed esserne invece ai margini», spiega Giulia Daniele docente presso l’Instituto Universitario di Lisbona, studiosa della questione mizrahi. La maggioranza degli ebrei mediorientali, aggiunge Daniele, «si è riconosciuta e continua a riconoscersi nell’estrema destra nazionalista, sia laica che ultraortodossa. Ciò dimostra come da un lato i mizrahi siano stati oppressi e marginalizzati e come, dall’altro, si siano alleati con il sistema per farne parte ed essere accettati a pieno titolo nello stesso modo degli ebrei ashkenaziti».

Miriam Peretz è nota anche per aver perso in combattimento due dei suoi sei figli e per la sua lunga battaglia volta a rompere le barriere culturali che penalizzano il settore della popolazione a cui appartiene. Ha vinto numerosi premi per l’insegnamento, ha ricevuto il Premio d’Israele nel 2018 ed è popolare, non solo tra i mizrahi. Popolarità e simpatia non sono stati sufficienti ieri a garantirgli i voti dei deputati di destra, anche la più estrema, alcuni dei quali si sono schierati sin da subito con il laburista Herzog. Il premier uscente Netanyahu, che è anche leader del Likud, si è rifiutato di appoggiarla ripetendo più volte che Israele è stato benedetto da «due candidati meritevoli» per la carica di capo dello Stato.

Secondo coloro che negano che alla base della scelta a favore di Isaac Herzog ci sia anche una discriminazione anti-mizrahi, l’ex leader laburista vanta una maggiore esperienza politica, anche in campo internazionale, che potrebbe rivelarsi fondamentale nei prossimi anni. Una spiegazione che non allontana il sospetto che abbiano contato di più il pedigree e il volto europeo di Herzog da poter spendere nel mondo occidentale. La Knesset piuttosto avrebbe dovuto guardare alle tensioni socioeconomiche, alle divisioni sempre più evidenti tra vari settori della popolazione a cominciare da quella tra la maggioranza ebraica e la minoranza araba. Grazie anche alle sue origini marocchine, la «donna del popolo» Miriam Peretz avrebbe potuto svolgere un ruolo significativo in quella direzione.