I risultati quasi definitivi delle elezioni israeliane mostrano che la crisi politica potrebbe aggravarsi malgrado i toni trionfali del premier Benjamin «Bibi» Netanyahu e del suo partito.

Al blocco delle destre, guidato da Netanyahu, la sera di martedì venivano attribuiti 58 deputati; quanto all’opposizione, il centrodestra ha ottenuto 32-33 seggi, l’alleanza di centrosinistra con laburisti e Meretz 7, la Lista araba unita 15. Avigdor Lieberman, il razzista ex alleato di Netanyahu e oggi suo nemico, ha guadagnato 7 seggi.

Non è un quadro politico, è un rompicapo strutturale. Che cosa significavano in queste elezioni «destra», «centro», «sinistra»? L’unica vittoria chiara è quella del razzismo senza remore, dell’ultranazionalismo. L’essenza della destra è stata ben presente non solo nella «destra dichiarata» ma in gran parte della campagna elettorale.

Due anni dopo la legge sullo Stato-nazione che consolida alcuni dei principi dell’apartheid, Benjamin Netanyahu ha fatto ricorso all’arma tradizionale: l’appello a contrastare l’opposizione «alleata e agente degli arabi che vogliono eliminarci;… o Bibi o Tibi» (Ahmad Tibi, è un deputato arabo, uno dei leader della Lista unita).

Il partito Blu Bianco, guidato da generali, alle scorse elezioni aveva ottenuto più voti del Likud e minacciava di sfrattare «Bibi» dalla carica di premier, aprendogli probabilmente le porte del carcere, ora «potrà arrivare al potere solo con l’aiuto degli arabi».

Chi vuole capire che cosa sta accadendo in Israele deve fermarsi e analizzare il processo di fondo: 52 anni di occupazione, con la maggioranza della popolazione a patire non solo gli effetti cancerogeni di una situazione non democratica, violenta, che priva dei diritti più elementari milioni di persone, ma anche una mentalità fondata sulla paura.

Dall’uso e abuso dell’Olocausto si arriva facilmente alla delegittimazione di qualunque critica della politica governativa israeliana. Ogni voce di dissenso viene tacciata di antisemitismo e a partire da questo è facile arrivare alla demonizzazione degli «arabi». Il terrore israeliano non esiste; invece tutti gli arabi – se si eccettuano alcuni buoni amici di Netanyahu – sono terroristi e tutto ciò che vogliono è distruggere Israele.

Gli incitamenti all’odio e la criminalizzazione portati avanti dal premier e dai suoi lacchè della destra hanno un impatto enorme: la pseudo-opposizione di Benny Gantz e del suo partito Blu Bianco non offre un futuro migliore, anzi è impegnata con tutte le proprie forze a smentire qualunque legittimazione di un possibile cambio politico che conti sui voti della Lista unita. Gli arabi? No! No! Uno dei deputati – prima appartenente al Likud – che segnala la differenza culturale degli israeliani rispetto al resto della regione, subisce pesanti critiche perché sembra comprendere gli ebrei orientali nella questione delle «mentalità diverse»!

E il «piano di pace» del presidente statunitense Donald Trump? Bibi e la destra festeggiano. Annetteremo, consolideremo la situazione, impediremo la nascita di un vero Stato palestinese… Gantz e la pseudo-opposizione segnalano che il piano è un passo positivo.

Anche Amir Peretz, leader di quanto rimane del laburismo, si unisce al coro e indica gli aspetti positivi del piano… Eppure in passato sosteneva con vigore l’idea dei due Stati. Nel piano di Trump si parla del «trasferimento» di 300mila cittadini arabi palestinesi di Israele … non si ascoltano voci chiare di protesta né nel partito di Gantz né nel fronte «progressista»!

La destra propone di cancellare la candidatura della deputata araba Heba Yazbak che in passato avrebbe solidarizzato con i terroristi; e non è solo il partito Blu Bianco ad appoggiare questo passo antidemocratico, anche i laburisti sono d’accordo e i loro alleati di Meretz non fiatano.

Lo sfrenato razzismo nazionalista ha avuto un unico effetto positivo, quello sul voto arabo e sul poco che rimane della sinistra israeliana: la rappresentanza parlamentare scaturita da questa mobilitazione è oggi l’unica speranza positiva in un momento più che problematico dell’etnocrazia israeliana.

Il leader della lista – e leader del Partito comunista israeliano – Ayman Odeh lo ha segnalato con chiarezza: il successo della lista è un passo nella direzione di un futuro migliore che sarà possibile solo con una forte alleanza fra palestinesi ed ebrei per creare un’alternativa autenticamente democratica.

Il trionfo della paura alimenta oggi una palude nella quale tutte le opzioni antidemocratiche sono aperte, mentre Benjamin Netanyahu continuerà a fare tutto il possibile per evitare il carcere per corruzione.