Non vanno presi sottogamba il richiamo di una parte dei riservisti e lo spostamento verso nord di batterie di artiglieria annunciati ieri dalle forze armate israeliane nell’ambito dell’operazione “Scudo del Nord”, ufficialmente diretta a individuare e neutralizzare i tunnel che il movimento scita Hezbollah starebbe scavando tra il territorio libanese e il nord di Israele. Ieri è apparsa evidente la rilevanza del viaggio improvviso di Netanyahu in Belgio dove due giorni fa ha incontrato il Segretario di stato Mike Pompeo per informarlo delle iniziative che Israele avrebbe compiuto il giorno dopo a ridosso della linea di confine con il Libano. «Stiamo prendendo azioni determinate e responsabili in tutti i settori e continueremo con altre operazioni, aperte e coperte, in modo da assicurare la sicurezza di Israele», ha proclamato ieri Netanyahu aggiungendo che «chiunque attacchi Israele pagherà un prezzo pesante».

Di tunnel di Hezbollah si parla da anni. Così come di un nuovo “round” tra Hezbollah e Israele, dopo la guerra del 2006. Il movimento libanese ha ammonito che, in caso di conflitto, attaccherà con i suoi uomini in Alta Galilea in modo da far provare agli israeliani ciò che provano i libanesi durante le offensive dello Stato ebraico. Qualcuno ipotizza un piano di Hezbollah per prendere il controllo, per diverse ore, di un centro israeliano e le gallerie sotterranee avrebbero la funzione di favorirlo. Non è chiaro quando Israele ha localizzato ciò che definisce il primo “tunnel di attacco” scavato da Hezbollah. Un portavoce militare ha detto che la galleria, lunga 200 metri, alta due metri e larga altrettanti, partiva da Kafr Kela in Libano per arriva nei pressi di Metulla, nel nord di Israele. Esisterebbero altri tunnel e tutti saranno distrutti. Hezbollah, almeno fino a ieri sera, non ha commentato la notizia.

Ci si interroga sui motivi che hanno spinto il governo israeliano a dare solo ora la notizia. La guerra è imminente? Amos Harel, esperto militare del quotidiano israeliano Haaretz, tende ad escluderlo. Potrebbe però essere cominciata la fase della preparazione mediatica di una offensiva che potrebbe scattare nei prossimi mesi. Israele forse prepara l’opinione pubblica in Usa ed Europa a una guerra “preventiva” in Libano. Il quadro della situazione però è più complesso. Il viaggio di Netanyahu a Bruxelles indica che Israele vuole risposte immediate dagli alleati occidentali riguardo al suo potere di deterrenza messo in forte dubbio dai missili di Hezbollah. Da diverse settimane gli analisti israeliani scrivono che terminata, di fatto, la crisi siriana con la vittoria del presidente Bashar Assad, Hezbollah sta richiamando in patria centinaia di combattenti ben addestrati dopo anni di battaglie accanto alle truppe siriane. E questi uomini sarebbero stati mandati a sud. Non solo, sostengono ancora gli israeliani, l’Iran avrebbe deciso di rifornire di missili e armi Hezbollah direttamente in Libano, per prevenire gli attacchi aerei israeliani.
Netanyahu in Libano ha le mani legate. Lì la sua aviazione non può bombardare liberamente come ha fatto in Siria per anni – fino allo scorso 17 settembre quando è stato abbattuto un velivolo da trasporto russo (15 morti) e Mosca ha lanciato pesanti avvertimenti a Tel Aviv – perché le bombe israeliane scatenerebbero la reazione immediata di Hezbollah. Il movimento sciita ha già avvertito di considerare qualsiasi azione offensiva in Libano come un casus belli. Netanyahu perciò deve decidere se portare il paese in una guerra della durata forse di mesi, con pesanti conseguenze anche per la sua popolazione. Nel frattempo, con la scoperta dei tunnel, allerta gli alleati e ammonisce Hezbollah.