Secondo Amos Harel, editorialista del quotidiano Haaretz, con i missili terra-aria SA-5 sparati ieri contro gli aerei israeliani che avevano bombardato, per l’ennesima volta, in Siria, il presidente Bashar Assad ha segnalato di voler cambiare le regole di gioco non scritte osservate dalle due parti sino ad oggi: Israele con i suoi aerei prende di mira i presunti convogli di armi che, sostiene Tel Aviv, sono dirette al movimento sciita libanese Hezbollah; Damasco da parte sua reagisce solo con qualche blanda protesta. Assad non ci sta a subire altre umiliazioni ora che si sente più forte. Vuole mettere fine ad un rituale che si è ripetuto troppe volte a danno anche degli alleati di Hezbollah – circa un anno fa Israele uccise nei pressi dell’aeroporto di Damasco, Mustafa Badreddine, comandante militare del movimento sciita mentre alla fine del 2015 era toccato a Samir Kuntar, prigioniero in un carcere israeliano per quasi trent’anni e simbolo della “resistenza” libanese – senza però arrivare a una escalation militare con Israele che rischierebbe di vanificare i successi ottenuti dall’esercito siriano contro i “ribelli”, al Qaeda e l’Isis. E forse il leader siriano ha voluto mandare un messaggio anche all’alleata Russia che da un lato lo appoggia e dall’altro lascia ai cacciabombardieri israeliani la libertà di colpire in Siria, sulla base di un’intesa rinnovata appena qualche giorno fa a Mosca con il premier israeliano Netanyahu.

Le spiegazioni sono diverse. Certo è che lo scontro dell’altra notte tra Siria e Israele è il più grave dal 2011e ha coinvolto per la prima volta il territorio israeliano. Quattro aerei di Tel Aviv, violando lo spazio aereo libanese, sono penetrati in Siria dove hanno lanciato bombe contro presunti trasporti di “armi sofisticate” a Est di Homs. La Siria stavolta ha reagito sparando alcuni missili che, dice Damasco, hanno abbattuto un caccia israeliano sopra Palmira e danneggiato un altro. Israele nega che uno dei suoi aerei sia stato distrutto e ammette solo che uno dei razzi antiaerei siriani è arrivato sulla Valle del Giordano, a nord di Gerusalemme, dove è stato intercettato dal sistema di difesa antimissile Arrow-3, in azione per la prima volta, mentre le sirene di allarme hanno riecheggiato in tutta l’area. Pezzi di un missile sono caduti su un villaggio giordano senza, per miracolo, fare vittime. Secondo il portavoce israeliano la sicurezza dei jet di ritorno dalla Siria e dei civili israeliani nella fascia di territorio tra la Siria e Gerusalemme non sarebbe mai stata a rischio. Tuttavia la reazione siriana ha colto di sorpresa gli israeliani e la radio statale ha parlato di notte “drammatica”.

«Quando noi rileviamo tentativi di inoltrare armi sofisticate agli Hezbollah e quando abbiamo l’intelligence e la disponibilità operativa, noi agiamo per impedirlo. Questo è avvenuto e questo è quanto avverrà”, ha poi affermato ieri in serata il premier Benyamin Netanyahu in un messaggio televisivo registrato, commentando l’attacco della scorsa notte in Siria. Haaretz ha poi riferito che l’ambasciatore israeliano a Mosca, Gari Koren, è stato convocato dal ministero degli esteri russo per fornire spiegazioni sull’attacco contro la Siria.

Nelle stesse ore in cui si consumava lo scontro tra Israele e Siria, un aereo della Coalizione a guida Usa sganciava un missile colpendo in pieno una moschea nel villaggio di al Jina, non lontano da Aleppo. I morti sono stati almeno 42 morti. Secondo le autorità americane non si trattata di una moschea ma di un edificio in cui era in corso una riunione di capi di gruppi jihadisti.