Nella cultura gazawi i cimiteri non sono soltanto un luogo di cordoglio e raccoglimento, sono anche posti dove le famiglie trascorrono ore ricordando insieme parenti e amici scomparsi da poco, o solo per parlare un po’.  Luoghi dove i più piccoli spesso giocano, a maggior ragione nella minuscola Gaza dove ogni spazio disponibile è usato dalla popolazione. Per questa ragione il 7 agosto, spiegano le loro famiglie, Nathmi Karsh, 15 anni, Hamed Nijm, 16, Mohammad Nijm, 16, Jamil Ihab Nijm, 13, Jamil al-Din Nijm, 3, si trovavano nel cimitero di Al Falluja (Jabaliya). Quando la bomba sganciata da un aereo esplose in quell’area, per quei cinque ragazzi non c’è stato scampo. Nei minuti successivi le radio e gli altri media di Gaza riferirono della strage nel cimitero compiuta dalle forze armate israeliane nei tre giorni dell’offensiva Breaking Dawn. Il portavoce militare e ufficiali delle forze armate negarono le responsabilità israeliane e puntarono il dito contro il Jihad islami, colpevole a loro dire di aver sparato razzi difettosi caduti dentro Gaza.

Ieri, dieci giorni dopo, funzionari del ministero della difesa israeliana hanno ammesso che l’aviazione dello Stato ebraico è responsabile della morte dei cinque minori. Ma i palestinesi accusano i cacciabombardieri di Tel Aviv di aver ucciso 36 civili (su un totale di 49 morti). Il Jihad sostiene di aver perduto 12 uomini (tra cui due importanti capi militari). Un 13esimo militante, morto in ospedale qualche giorno fa, faceva parte di una piccola organizzazione armata. Le altre vittime sono civili. Israele da parte sua attribuisce a razzi malfunzionanti del Jihad la morte di 12 minori. E ha diffuso un filmato che mostra il lancio di razzi e uno, cerchiato in rosso, che cade o cadrebbe dentro Gaza.