Che avesse qualcosa in mente lo si era capito già la scorsa settimana quando aveva dichiarato che «la tragica situazione in Libia e la sofferenza del popolo» non gli lasciava altra scelta che rovesciare gli accordi politici del 2015. Ma nel suo discorso televisivo di lunedì sera, Khalifa Haftar, capo dell’autoproclamato Esercito Nazionale libico (Enl), ha superato qualunque previsione.

Il generale della Cirenaica si è autonominato capo della Libia per «volontà del popolo libico». «Abbiamo risposto al vostro appello – ha detto – annunciamo la fine dell’accordo politico che ha distrutto il Paese».

Parole che potrebbero esacerbare il conflitto con i nemici della Tripolitania, il governo di Accordo nazionale (Gna) nato proprio con l’intesa di Skhirat e contro cui Haftar è in guerra da un anno, ma soprattutto rischia di frantumare il fronte interno nella sua Cirenaica.

La sua iniziativa ha infatti trovato al momento scarso sostegno da parte delle tribù e dei politici locali e ha acuito le sempre più evidenti divisioni tra lui e Aguila Saleh, il presidente del parlamento di Bengasi di cui l’Enl è il braccio armato. Una differenza che era apparsa evidente già la scorsa settimana quando ai toni bellici del generale contro il Gna, Saleh aveva preferito parlare di un piano politico in otto punti.

I rapporti tra Bengasi e Tripoli potrebbero essere meno tesi di quel che si può immaginare: da giorni alcuni media locali fanno circolare voci di un clamoroso accordo tra Saleh e il premier del Gna al-Sarraj. Saleh, raccontano fonti interne, sarebbe molto infastidito dal fatto che Haftar vorrebbe ricevere la delega della guida politica del Paese dal parlamento di Bengasi, di fatto compiendo un vero e proprio golpe.

Il generale si è dichiarato rais anche altre volte. Ma ora, più che nel passato, la sua decisione appare un azzardo politico che gli potrebbe costare caro.

La sua campagna militare segna nelle ultime settimane clamorose sconfitte: dopo aver perso l’ovest, il generale potrebbe cedere anche la strategica Tarhuna e la base aerea di al-Watiya (vicino a Zintan), fondamentale in quella che è sempre più una battaglia dei cieli.

L’annuncio potrebbe poi rimescolare le carte delle alleanze interne, rischiando di isolarlo politicamente anche all’estero. Se il Gna si fa beffe della sua autoproclamazione («Una farsa che si aggiunge alla sua serie di annunci di colpi di stato iniziata anni fa»), meno scontata è la freddezza di Mosca, alleata del generale.

In una nota il Cremlino si è detto «sorpreso» e con il suo ministro degli esteri Lavrov non ha nascosto la sua disapprovazione. Gli Usa si sono detti «rammaricati» e insieme a Russia, Egitto e Onu hanno rilanciato il processo di pace avanzato a Berlino lo scorso gennaio.

Già, ma quale pace? Solo ieri, riferisce il Gna, 5 membri di una famiglia sono morti a Tripoli per i razzi di Haftar. L’Enl a sua volta accusa le forze governative di aver ucciso altrettanti civili lunedì a Mizda.