L’Islanda calcistica sorprende quasi quanto quella carceraria. Il numero complessivo di detenuti in Islanda è pari a poco più di sei volte rispetto alla rosa dei convocati agli europei. I dati più recenti indicano in meno di 150 il totale dei reclusi nelle prigioni islandesi (di questo solo due sono minorenni).

Effettivamente sono molto pochi, non solo perché pochi sono gli abitanti dell’isola ma sono pochi anche se considerati comparativamente rispetto agli abitanti degli altri Stati. Il tasso di detenzione in Islanda è pari a 45 detenuti ogni 100 mila abitanti. In Italia è pari a 100 detenuti per 100 mila abitanti. Negli Usa addirittura è di 700 detenuti ogni 100 mila americani liberi.

Dunque i detenuti sono pochi perché pochi sono gli islandesi ma anche perché poco si usa la prigione. Quindici anni fa nelle carceri islandesi si stava ancora più larghi di oggi. Si pensi che nel 2000 i detenuti erano solo 78 e il tasso di detenzione era di 28 detenuti ogni 100 mila islandesi. Un aumento della popolazione reclusa determinato anche dalla condanna tra il 2013 e il 2015 di ben 26 banchieri per crimini come insider trading, truffa, riciclaggio, turbamento del mercato. Si tratta di crimini per i quali poco si incarcera nell’Europa continentale.

L’Islanda fu affamata nel 2008 da un sistema bancario truffaldino. Le banche furono però lasciate fallire e il Paese si riprese. I responsabili finanziari del fallimento furono messi sotto inchiesta. L’esito è sorprendente: il numero dei colletti bianchi incarcerati in Islanda è pari un sesto dell’intera popolazione detenuta. Una percentuale che non ha pari nel resto d’Europa.

Nella prigione di Kviabryggja, a circa un’ora di auto da Reykjiavik, non lontana da Selfoss e in una delle aree paesaggistiche più emozionanti dell’isola, tra lava e ghiaccio, lungo la A1, la strada che circumnaviga tutto il Paese, c’è l’unico capo di una banca al mondo incarcerato per il disastro finanziario del 2008. Sigurdor Einarsson, a capo della banca Kaupþing, fallita miseramente dopo lo scandalo Lehman Brothers, è stato condannato a quattro anni di carcere. Oggi Einarsson passa il suo tempo tra la palestra, la lavanderia e la navigazione in internet.

Qualche anno fa Mauro Palma, oggi garante nazionale delle persone private della libertà e allora presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura definì il sistema penitenziario islandese forse il migliore d’Europa. Queste le sue parole: «Il sistema penitenziario in Islanda responsabilizza i detenuti attraverso diverse misure e concede loro spazi per condurre una vita normale. In questi penitenziari i detenuti possono vedere il mondo esterno.

Accortezze come quelle di permettere ai detenuti di tenere i loro effetti e personalizzare la propria cella sono misure a costo zero e soprattutto non vanno a scapito della sicurezza, come dimostra il caso islandese». Si può obiettare che con una popolazione con numeri così bassi tutto è possibile, tutto è facile. In realtà non è così. Ci sono paesi piccoli ma molto crudeli.

Pare che il 99% degli islandesi seguirà in tv il quarto di finale contro la Francia. È legittimo ritenere che fra loro vi saranno anche i 150 prigionieri a tifare per Hannes Þór Halldorsson, allo stesso tempo regista cinematografico e portiere della nazionale. Se una nazione ha una densità abitativa bassa ognuno deve fare almeno due cose nella vita.