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Isis attacca Suruç, per vendicare Kobane

Isis attacca Suruç, per vendicare Kobane

Turchia Decine di giovani socialisti uccisi mentre era in corso la conferenza per la ricostruzione di Kobane, esempio della lotta dei kurdi contro i jihadisti

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 21 luglio 2015

«Questo gravissimo attentato dimostra che il governo turco continua a sostenere i gruppi radicali e i militanti di Daesh», spiega al manifesto Nazmi Gur, parlamentare e responsabile Esteri del partito della sinistra turca kurda (Hdp). «L’Akp di Erdogan è il vero responsabile dell’attacco perché non ha preso provvedimenti contro i jihadisti e ha esitato nel sostenere la coalizione internazionale contro lo Stato islamico (Is)», aggiunge Nazmi.

I politici della sinistra turca che è entrata in parlamento per la prima volta lo scorso 7 giugno, scompaginando gli equilibri politici, non hanno dubbi sulle responsabilità del governo nell’attentato di ieri al confine tra Turchia e Siria nel giardino del centro culturale Ammara di Suruç. Un attacco kamikaze, forse di una giovane donna, ha provocato 41 vittime e centinaia di feriti. Si stava svolgendo una conferenza della Federazione delle associazioni dei giovani socialisti con 330 ragazzi e volontari, che avevano appena ottenuto il permesso per entrare in Siria. La riunione ha avuto luogo a pochi giorni dalla conferenza di Bruxelles per la ricostruzione di Kobane in cui i donatori hanno deciso di stanziare sei milioni di euro per affrontare la prima emergenza in una città che non è mai uscita dalla guerra.

Anche ieri a Kobane a due passi dalla stazione della polizia si è verificata un’esplosione che ha causato la morte di tre combattenti delle Unità di protezione maschili (Ypg). «Le finestre degli edifici vicini sono andate in frantumi ma si è trattato di un incidente causato da un mortaio, portato là da alcuni combattenti dell’Esercito libero siriano (Els)», ci ha spiegato un giornalista locale.

Eppure, scongiurato il doppio attentato, l’esplosione di Suruç ha gravi ripercussioni anche per Kobane. L’esplosione ha avuto luogo durante la conferenza stampa di presentazione nel terzo anniversario dalla formazione dell’amministrazione autonoma dei tre cantoni di Rojava nel luglio 2012. Anche Ziya Pir, parlamentare e nipote di uno dei fondatori del Partito dei lavoratori kurdi (Pkk), con cui Hdp condivide la stessa base elettorale, ha puntato il dito contro Erdogan. «Le dinamiche dell’attacco sono le stesse del sei giugno scorso a Diyarbakir (alla vigilia delle elezioni parlamentari, ndr).

I jihadisti di Daesh volevano arrivare in Turchia e ci sono», ci ha detto il politico. Anche il leader carismatico di Hdp, Salahettin Demirtas ha accusato Is per spiegare l’esplosione di ieri. Questo attacco è arrivato dopo il tentativo fallito dei jihadisti di riconquistare le città di Kobane e Tel Abyad, controllate dai combattenti kurdi. I jihadisti erano arrivati in Siria proprio attraversando il confine di Soruç, dove centinaia di attivisti, medici, giornalisti e profughi vengono costantemente arrestati o fermati dalle autorità turche.

«È chiaro che la crisi politica in Turchia gioca un ruolo in questi attentati terroristici», si legge in un comunicato del Congresso nazionale kurdo (Knk), ombrello che unisce i partiti kurdi in Turchia, Siria, Iraq e Iran. Eppure sia il presidente turco Recep Tayyp Erdogan sia il leader del partito kemalista Chp, Kilicdaroglu, hanno condannato l’attacco. I due principali partiti turchi sono impegnati per la formazione di un governo di coalizione che dovrà ottenere la maggioranza in parlamento. Il partito islamista moderato che non ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti, come sperava Erdogan alla vigilia delle elezioni, ha però incassato la nomina del presidente del parlamento, Ismet Yilmaz, ex ministro della Difesa, aprendo la strada alla formazione di un governo di coalizione.

I leader di Akp e Chp, insieme al premier in pectore Ahmet Davutoglu, non hanno escluso elezioni anticipate. Se un voto di fiducia non dovesse concretizzarsi entro 45 giorni dal conferimento dell’incarico a Davutoglu (9 luglio) si tornerebbe a votare.

Ma non è solo l’instabilità politica a far tremare le gambe ai politici turchi. Per Erdogan non è possibile riprendere il processo di pace con i kurdi di Ocalan facendo sedere al tavolo negoziale Hdp che, secondo lui, ha le stesse radici di un’organizzazione terroristica. L’attacco di ieri conferma che la ricostruzione, il disco verde all’esperimento dei kurdi di Rojava e il processo di pace in Turchia sono legati a doppio filo e parte delle trattative per la formazione del nuovo governo. La partita si gioca al confine tra Turchia e Siria tra i Servizi segreti turchi (Mit) e gli 007 vicini all’altro uomo forte, Fetullah Gulen, espulso negli Stati uniti. Ma questo gioco sta diventando pericoloso soprattutto per Erdogan, che lasciando fare ai gruppi radicali ripete gli stessi errori di altri partiti legati alla galassia dell’islamismo politico. La manipolazione della questione kurda, che accredita i jihadisti, potrebbe causare il suo declino politico.

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