Il deserto tra l’Anbar iracheno e Deir Ezzor in Siria è il loro rifugio. Lanciano attacchi mordi e fuggi nello stile classico della guerriglia, provocando morti e feriti nelle forze armate siriane e irachene. Sono i combattenti dell’Isis 2020. E non si commetta l’errore di considerarli solo degli scampati al crollo dello Califfato ed orfani di un capo carismatico come Abu Bakr al Baghdadi. Incarnano una nuova fase. Messa da parte, per ora, l’ambizione al jihad globale, l’Isis attende che tornino le condizioni favorevoli per una nuova proclamazione del Califfato. Nel frattempo mette a segno blitz micidiali.

 

Se ne parla poco nel mondo a causa dell’attenzione rivolta al Covid-19. In Iraq e Siria invece sanno bene che la caduta di Baghuz nel marzo 2019 non ha rappresentato la fine dell’Isis e  dell’idea di un Califfato salafita per migliaia di combattenti e simpatizzanti. Dopo la pausa di marzo, in cui l’Isis ha sospeso le “operazioni” a causa della pandemia, ad aprile sono ripresi  più intensi i raid. A Samarra, a inizio maggio, gli uomini con le bandiere nere hanno ucciso almeno dieci membri delle Forze di Mobilitazione Popolare, la milizia sciita irachena decisiva per la sconfitta dell’Isis nell’Anbar e per la ripresa della città di Mosul. In Siria sono tornati a pungere nel Badiya, il deserto, dove, con una mina, hanno ucciso quattro soldati che in autobus viaggiavano in direzione di Deir Ezzor. «L’Isis ha imposto un controllo invisibile sul Badiya che gli consente di eseguire attacchi e di usare il deserto per garantirsi armi e rifornimenti» ha spiegato Hassan Abu Hanieh, ricercatore ed esperto di gruppi islamisti, intervistato da un sito online siriano. L’Isis vuole riconquistare il terreno perduto ma non ha fretta. «Il gruppo sa di essere entrato in una nuova fase» ha aggiunto Abu Hanieh «il suo modus operandi è cambiato e continuerà ad impiegare tattiche di guerriglia fino a quando che la situazione sul campo non gli offrirà nuove opportunità».

 

A favorire la riscossa dell’Isis è anche la distrazione delle autorità irachene e siriane. L’Iraq è attraversato da proteste popolari contro malgoverno e settarismo ed è terreno di scontro tra Iran e Usa. Il conflitto in Siria è stato dominato dallo scontro nella regione occidentale di Idlib tra le forze governative e quelle islamiste e qaediste sostenute dalla Turchia che ha anche invaso parte del Rojava. Condizioni che hanno aiutato gli uomini del Califfato a creare piccole basi ben nascoste da dove pianificare imboscate ai convogli militari. In Siria dall’inizio dell’anno si sono registrati 170 attacchi a Deir Ezzor e almeno 10 nel Badiya. Attacchi che si moltiplicano anche nella zona di Jabal al Bishri e verso la strategica Al Sukhna, tra la Siria orientale, Homs e Damasco, dove transitano i rifornimenti per l’esercito. Lo stesso accade intorno ai centri abitati iracheni più isolati. E nella stessa Mosul si raccolgono di nuovo donazioni per l’Isis.