È una mattinata nuvolosa quella che ha accolto il risveglio della maggior parte del Giappone il 6 aprile. I ciliegi in piena fioritura la scorsa settimana, ormai cominciano a inverdirsi e i petali caduti formano un tappeto rosa sulle strade di città e campagna. Una stagione finisce e un’altra sta per cominciare: il nuovo anno scolastico inizia infatti la prossima settimana nella maggior parte dell’arcipelago. Ma è anche una mattinata triste, da un paio d’ore infatti circola in rete la notizia della scomparsa di Isao Takahata, regista, co-fondatore dello Studio Ghibli e personalità importantissima non solo per l’animazione nipponica, ma per tutto il mondo del cinema.

Aveva ottantadue anni ed era malato dalla scorsa estate, per chi gli era più vicino non è stata una notizia del tutto inaspettata, nonostante ciò il dolore è forte e intenso, sia per chi lo conosceva che per chi lo amava attraverso i lavori da lui realizzati fin dai lontani anni sessanta.
Cofondatore dello Studio Ghibli con gli amici Hayao Miyazaki e Toshio Suzuki nel 1985, Takahata è noto al grande pubblico soprattutto per Una tomba per le lucciole, uno dei film più forti e strazianti contro la follia della guerra, che uscì nei cinema giapponesi nel 1988, lo stesso giorno di Totoro di Miyazaki. La rivalità/amicizia fra i due, rapporto che ha contribuito a plasmare il panorama dell’animazione giapponese contemporaneo, comincia prestissimo, fin dagli anni sessanta quando i due lavorano assieme alla Toei Animation dove nel 1968 realizzano, Takahata regista debuttante e Miyazaki come animatore, La grande avventura del piccolo principe Valiant, lungometraggio che fallisce al box office, ma che rappresenta un punto di svolta per l’animazione giapponese per le sue innovative scelte stilistiche e di contenuti. 

Nei primi anni settanta Takahata realizza la serie televisiva Heidi, uno dei cartoni animati di maggiore impatto nel nostro Paese, e alla fine del decennio Anna dai capelli rossi, altro anime dal notevole successo.
Dopo la fondazione dello Studio Ghibli Takahata si reca nella cittadina di Yanagawa per effettuare delle ricerche sulla particolare struttura del posto, interamente attraversato da canali, e dei suoi abitanti per un possibile lungometraggio animato da realizzare con Miyazaki. Takahata però decide di girare un documentario sul luogo e, come spesso succederà nella sua carriera, l’anno programmato per la realizzazione raddoppia rischiando di far fallire l’appena nato Studio Ghibli.

Per tappare il buco Suzuki e Miyazaki decidono di girare Laputa castello nel cielo, che non solo salva lo studio ma permette anche a Takahata di realizzare il documentario, The Story of Yanagawa’s Canals, un piccolo gioiello spesso dimenticato quando si parla di Ghibli o del regista. Del 1988 è Una tomba per le lucciole, straziante e poetico racconto dell’orrore della guerra visto dal punto di vista di due bambini, il film è giustamente citato spesso come uno dei più grandi esempi di cinema contro la guerra.

L’impegno civile, politico e ecologico del resto è un elemento che Takahata porta avanti e non ha paura di mostrare apertamente. Restando in tempi vicini, è noto il suo impegno contro il nucleare ben prima di Fukushima, così come fra il 2014 e il 2015 sfila spesso con gruppi di giovani studenti per difendere la costituzione giapponese e in particolare l’articolo 9, quello che rinuncia alla guerra.
Del 1991 è un altro capolavoro, Omohide poro poro – Pioggia di ricordi, sognante e delicato ritratto/ricordo del periodo adolescenziale di una giovane ragazza, dove la dolce malinconia per il passare del tempo si incrocia con una velata critica di certo modo di intendere la modernizzazione in Giappone: linea retta che va verso il futuro, siamo in piena bolla economica, invece di movimenti ciclici, dimenticando vecchi e alternativi modelli di vita con cui costruire il futuro.

Questo concetto è sviluppato con uno stile e in una storia completamente diversa in Pom Poko, fantasmagoria ricca visivamente che si sviluppa in una storia dove il folklore tradizionale giapponese – protagonisti sono i tanuki, creature parte della mitologia dell’arcipelago – si incrocia con problematiche ecologiche.
Dopo alcuni lavori alla fine del secolo scorso, Takahata ritorna alla ribalta nel 2013 con Kaguya hime no monogatari – La storia della principessa splendente, opera a cui lavora per moltissimi anni e uno dei suoi lavori più profondi e ricchi, forse uno dei migliori lungometraggi del nuovo millennio. Visivamente sperimentale e dotato di una gentilezza nel tocco che si trasferisce perfettamente nella narrazione, il film raggiunge picchi di poesia e di consapevolezza della transitorietà umana che poche altre opere d’arte hanno saputo catturare.

Il ciclo delle stagioni, microcosmo di quello della vita e della morte, era quindi un concetto molto sentito dal regista giapponese e che spesso costituiva la trave portante delle sue opere. Takahata non c’è più, resteranno i suoi film, ma anche di questi inevitabilmente ci si dimenticherà assorbiti nel ciclo delle cose, per un breve periodo però, come petali di ciliegio oramai caduti, continueranno ad accompagnare il cammino di chi vorrà esser guidato dalla loro poesia.