Il vaccino contro il Covid-19 alla fine è arrivato anche tra gli «invisibili», i migranti che vivono e lavorano in Italia ma sono incastrati nel limbo dell’irregolarità. Secondo i dati forniti a il manifesto dal ministero della Salute, al 24 settembre erano 45.326 i green pass scaricati da persone in possesso dell’Stp, cioè la tessera per «straniero temporaneamente soggiornante» rilasciata a chi non ha il permesso di soggiorno. Due settimane prima erano meno della metà. La particolare classifica è aperta da Campania (16.038), Lombardia (15.629) e Lazio (5.424). Chiudono con numeri irrisori Molise (7) e la provincia autonoma di Trento (8). La casistica dell’Stp è quella più numerosa tra chi ha ricevuto il vaccino senza la tessera sanitaria in tasca, ma non l’unica. Alcuni lo hanno fatto con un codice fiscale generato virtualmente. Altri, i cittadini Ue non registrati nel sistema sanitario, con la tessera Eni per «europeo non iscritto».

IL 26 AGOSTO SCORSO il commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo ha invitato le regioni, «considerato l’avanzamento della campagna vaccinale», a «intensificare le misure già in atto rivolte a favorire la vaccinazione di quelle categorie di persone che si trovano in particolari condizioni di disagio o che non risultano al momento censite da tessera sanitaria». Segno che per loro la campagna vaccinale era in ritardo e a otto mesi dall’inizio andava ancora a singhiozzo. Le difficoltà restano tante. La prima dipende dalle piattaforme di prenotazione della puntura anti Covid: su 19 regioni e 2 province autonome solo 13 danno la possibilità, da poco, di accedere a chi non è iscritto al sistema sanitario nazionale.

A maggio l’Emilia-Romagna era l’unica che permetteva di prenotarsi online con codici alternativi a quello della tessera sanitaria. Ancora oggi non è possibile farlo sui siti di Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Umbria, Lazio, Molise, province autonome di Bolzano e Trento. In questi territori sono state organizzate modalità di vaccinazione alternative: open day, ambulatori mobili, partnership con enti del terzo settore e del privato sociale. I medici dell’Asl Roma 1, per esempio, organizzano uscite ad hoc e iniziative con realtà come Sant’Egidio o Baobab. «Siamo stati dai migranti in transito vicino la stazione Tiburtina, nella palazzina occupata di piazzale delle Province, nei centri per minori abbandonati o per donne vittime di violenza», racconta Teresa Ierardi, responsabile funzione organizzativa del secondo distretto dell’Asl.

LA CAMPANIA è stata la seconda regione a permettere a Stp ed Eni di prenotarsi come le altre persone, a partire da giugno. «Non volevamo hub vaccinali ghetto, solo per immigrati. La rete Castel Volturno solidale ha avuto una buona interlocuzione con l’assessore alla Sicurezza Mario Morcone e la regione ha dato un segnale di civiltà», dice Sergio Serraino, coordinatore del locale ambulatorio di Emergency. In Calabria la piattaforma è aperta agli irregolari da metà luglio e si sono fatte anche iniziative mirate. «Nella tendopoli di San Ferdinando il vax day ha raggiunto 172 persone su 210. All’inizio c’era un po’ di diffidenza ma grazie all’attività di informazione si sono convinti quasi tutti», afferma Mauro Destefano, coordinatore dell’ambulatorio Emergency di Polistena (Rc).

LA CORRETTA INFORMAZIONE è decisiva per la riuscita della campagna vaccinale, soprattutto nei contesti di marginalità sociale o dove esistono differenze linguistiche. Uno studio pubblicato a luglio da Tavolo asilo e immigrazione e Tavolo immigrazione e salute ha rilevato «sacche di resistenza o perplessità» all’interno dei centri di accoglienza. Tra i 308 intervistati, compresi alcuni italiani in emergenza abitativa, il 37% ha dichiarato di non volere il vaccino e il 20% di essere indeciso. Le motivazioni non sono culturali o religiose, ma riguardano le modalità di acquisizione di informazioni scientificamente infondate. Per questo le associazioni chiedono una «campagna comunicativa specifica e mirata».

Difficoltà più recenti, sorte mentre si superavano gli ostacoli alle prenotazioni online, riguardano l’ottenimento del green pass. Ahmed Echi ha 33 anni e ogni giorno percorre la costa ragusana, tra Punta Braccetto e Gela, con l’ambulatorio mobile di Emergency che assiste i migranti. «Sono principalmente braccianti. Uno su tre è irregolare: tunisini appena sbarcati, persone espulse dal sistema di accoglienza a partire dal 2018», racconta. Il problema con il certificato verde, che comunque ha spinto molti indecisi a cercare il vaccino, è duplice: «Con l’Stp va tutto bene, ma chi si è prenotato usando il codice fiscale virtuale sta avendo problemi a scaricare il green pass. Chi invece ha ricevuto il vaccino cinese in Marocco o Tunisia non può ottenerlo». All’altro capo dell’Italia le difficoltà sono analoghe. Loredana Carpentieri lavora tra le vie di Milano per l’Ong fondata da Gino Strada. «Fino a 20 giorni fa il green pass si otteneva solo con la tessera sanitaria – afferma – Adesso si scarica anche con l’Stp, ma rimane fuori chi si è vaccinato usando il codice fiscale autogenerato». Una rete di associazioni sta facendo pressioni sulle autorità regionali affinché risolvano il problema.

INTANTO DAL 9 SETTEMBRE è partita la vaccinazione di chi sbarca a Lampedusa, dove sono stati aperti due mini hub. Sul sito del ministero dell’Interno si legge che «i migranti vaccinati, a seguito di visita medica e di somministrazione del tampone, saranno trasferiti nelle navi o strutture deputate allo svolgimento della quarantena». Una procedura singolare: nessun altro finisce in quarantena dopo il vaccino.

IN TERMINI GENERALI non è semplice valutare lo stato dell’arte di questa sotto area della campagna di immunizzazione contro il Covid-19. «C’è molto da fare perché sono persone difficilmente raggiungibili. Solo una piccola parte si trova nel sistema di accoglienza. Le altre vivono per strada o in insediamenti di vario tipo. Sono moderatamente ottimista, ma serve ancora uno sforzo importante con il coinvolgimento del terzo settore», dichiara Gianfranco Costanzo, direttore sanitario dell’Istituto nazionale salute, migrazioni e povertà (Inmp). Per avere una dimensione quantitativa della percentuale di vaccinati in questo segmento di popolazione bisognerebbe sapere da quante persone è composto. Ma si può andare solo per stime, visto che sono irregolari. Costanzo spiega che le banche dati Stp contano orientativamente 700mila tessere ma capire a quanti individui corrispondano è praticamente impossibile. Un singolo può essere inserito diverse volte e comunque si tratta di una popolazione soggetta a variazioni molto ampie. Secondo la campagna Ero Straniero dopo l’ultima sanatoria sarebbero circa 300mila i migranti rimasti senza documenti.

La soluzione si sarebbe potuta trovare a monte, durante la scorsa primavera. Nel dibattito intorno alla sanatoria in diversi sottolinearono la necessità di regolarizzare tutti gli stranieri in virtù del contesto pandemico. L’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) propose di dare la possibilità a qualsiasi migrante di richiedere un «permesso per ricerca occupazione» di durata annuale e convertibile in lavoro. Mentre i braccianti organizzati da Aboubakar Soumahoro rivendicarono la regolarizzazione straordinaria legata all’emergenza sanitaria. Alla fine, sotto le pressioni di destra e parte dei 5 Stelle, il secondo governo Conte varò un provvedimento incapace di accogliere le esigenze di tutta la platea potenziale (in quel momento stimata intorno ai 600mila irregolari).

LE DOMANDE effettivamente pervenute sono state 230mila. A un anno di distanza, secondo i dati di Ero Straniero aggiornati al 29 luglio 2021, sono stati rilasciati solo 60mila permessi di soggiorno. Due i motivi del ritardo: le assunzioni ridotte, tardive e con contratti precari degli 800 lavoratori aggiunti al personale delle prefetture per sbrigare le questioni amministrative; un iter delle pratiche particolarmente tortuoso e complesso, soprattutto per quelle avviate dal datore di lavoro (quasi tutte visto che l’autoemersione del lavoratore è stata prevista in via residuale e ha riguardato solo 13mila richieste, per la maggior parte completate).

«La pandemia non è finita – afferma il sindacalista Soumahoro – Chiediamo il rilascio di un permesso di soggiorno per emergenza sanitaria convertibile in lavoro che permetta a tutti gli invisibili, dentro o fuori il processo lavorativo, di avere pieno accesso al sistema sanitario».