Nel giorno in cui Theresa May consegna la lettera con cui parte formalmente l’iter che porterà alla Brexit, nuovi scenari si affiacciano all’orizzonte per due delle nazioni che compongono il Regno Unito: la Scoza e l’Irlanda del Nord. Se il parlamento scozzese ha dato l’ok a un nuovo referendum sull’indipendenza, nelle due Irlande cresce il dibattito pubblico su una consultazione popolare per una possibile riunificazione.

May ha dichiarato che non intaccherà il diritto a muoversi liberamente tra Sud e Nord dell’isola d’Irlanda, come oramai avviene da molti anni grazie al processo di pace, e che «non ci sarà un ritorno ai confini del passato». Ma qualche dubbio inizia a esser sollevato anche all’interno del suo stesso schieramento. Un’influente voce del partito conservatore come Michael Heseltine ha descritto la scelta portata avanti da May come «la decisione peggiore presa da un qualunque governo dal dopoguerra».

Il parlamentare europeo di Sinn Féin, Matt Carthy, prevede gravi conseguenze per l’Irlanda, se il Regno Unito insisterà nel voler far uscire il Nord dall’Ue nonostante la chiara volontà della popolazione: «Tornare ai controlli doganali e ai checkpoint è una possibilità concreta. È inaccettabile, e resisteremo», ha detto.

Che Sinn Féin non stia bluffando è confermato dal fatto che, dopo aver rifiutato l’infruttuoso confronto con la controparte lealista per la ripresa della condivisione del potere esecutivo a Belfast, la sua rappresentante del Nord, Michelle O’Neill, forte del successo alle recenti elezioni, abbia ribadito che ci si atterrà alla promessa elettorale di non ritornare per alcun motivo allo status quo. «Senza confini, senza barriere, senza Brexit», ha scandito ieri durante la manifestazione anti-Brexit davanti al parlamento a Belfast.

In Irlanda del Nord il 56% dei votanti al referendum aveva scelto di rimanere in Europa.