A metà settembre, nei giorni in cui il presidente irlandese Michael D. Higgins era in Italia per una serie di incontri con Mattarella e altri omologhi europei, si è dato in Irlanda un caso diplomatico senza precedenti e destinato a lasciare strascichi.

Nei suoi giorni romani, quando si faceva fotografare sulla tomba di Gramsci al cimitero acattolico della Piramide, è infatti fuoriuscita la notizia del suo rifiuto di partecipare a un evento organizzato dalle Chiese Protestanti e di quella Cattolica in Irlanda del Nord – evento da tenersi nella cattedrale di Armagh il 21 ottobre prossimo – per ricordare il centenario dalla Partition, ovvero della divisione in due dell’isola avvenuta nel 1921.

ALL’EVENTO ERA STATA INVITATA la Regina d’Inghilterra, la quale aveva prontamente accettato, mentre Higgins, con assoluta ragionevolezza, ha dichiarato di non essere disponibile. Ha definito l’evento «politicizzato» e ha lamentato di esser stato invitato non in qualità di «Presidente d’Irlanda», come prevede la Costituzione, ma erroneamente – e forse tendenziosamente – come «Presidente della Repubblica d’Irlanda».

La sua decisione, difesa in maniera orgogliosa anche da Sinn Féin, sul momento non è stata messa in discussione apertamente dagli altri partiti, questo in virtù dell’indipendenza dall’agone politico della carica istituzionale che Higgins riveste. Non ha invece mancato di attirare le feroci critiche unioniste. Si è parlato di uno sgarbo senza precedenti e di un ennesimo ostacolo alla normale conduzione dei rapporti tra Nord e Sud.

Stando, invece, ai sondaggi condotti in quei giorni e in seguito, la popolazione irlandese si è schierata in larga maggioranza a favore del suo presidente, riconoscendo l’inappropriatezza di un invito a celebrare la divisione della propria isola in due, una vera e propria ferita nella storia d’Irlanda.

Ora, a distanza di quasi un mese da quella scelta coraggiosa, nella Repubblica si consuma un’altra profonda lacerazione. Dopo tentennamenti vari, il governo irlandese ha infatti deciso di partecipare agli eventi, e di farlo con due pezzi da novanta: il ministro degli Esteri Simon Coveney, espressione del Fine Gael, e il capogruppo in parlamento del Fianna Fáil, Jack Chambers. Entrambi i partiti appartengono allo schieramento di centrodestra.

La decisione governativa rappresenta un chiaro affronto al presidente, nonostante il fatto che in una dichiarazione ufficiale il governo avesse in precedenza espresso «pieno consenso e comprensione» per la scelta di Higgins.

La leader di Sinn Féin, Mary Lou McDonald, ha commentato in maniera netta che «nessun membro del governo irlandese dovrebbe prender parte alla commemorazione della Partition, una catastrofe per l’Irlanda. Scegliere di partecipare è sbagliato. Molto sbagliato».

Una posizione a cui hanno fatto eco altri rappresentanti di Sinn Féin, e che vede qualche crepa anche all’interno del Fianna Fáil, partito che si è sempre definito, a torno o a ragione, repubblicano.

Nel frattempo, a Belfast iniziano a vedersi numerosi poster sui muri che non danno certo il benvenuto alla Regina inglese in visita nel Nord nei giorni a venire.