Dopo Olanda e Regno Unito va al voto per le europee anche l’Irlanda, dove gli elettori si sono recati alle urne nella giornata di ieri. Nel 2014 le elezioni avevano portato a un risultato sorprendente per un paese storicamente conservatore: quattro degli undici europarlamentari eletti si sono seduti nel gruppo della sinistra radicale Gue-Ngl. Merito del buon risultato del partito repubblicano di sinistra Sinn Féin, ai cui 3 eletti si era aggiunto il candidato indipendente Luke Flanagan. Le elezioni del 2014 arrivavano dopo la recessione economica, culminata con l’arrivo della Troika a Dublino alla fine del 2010. All’epoca gli elettori avevano punito soprattutto il partito labourista, salvando invece il partner di governo, il partito conservatore Fine Gael, e premiando l’opposizione alle misure di austerity portata avanti dal Sinn Féin durante la crisi.

Cinque anni dopo il quadro non sembra destinato a cambiare drammaticamente, almeno stando ai sondaggi pubblicati prima del silenzio elettorale. Sull’onda della ripresa economica gli elettori dovrebbero premiare il partito di governo Fine Gael, che fa parte dei popolari europei. Il partito è in testa ai sondaggi in tutte e tre le circoscrizioni, e si aspetta l’elezione di almeno quattro deputati. Il Fianna Fáil, l’altro storico partito di centro destra, dovrebbe ottenere almeno due eurodeputati, che andrebbero a sedere nel gruppo dei liberali. La sinistra però sembra poter confermare il buon risultato del 2014, con la rielezione dei quattro parlamentari eletti nella scorsa tornata. Non solo: uno dei due seggi aggiuntivi previsti per l’Irlanda nel caso la Brexit dovesse effettivamente avvenire potrebbe andare alla candidata indipendente di sinistra Clare Daly. A contenderglielo ci sono i Verdi, sull’onda della accresciuta importanza delle tematiche ambientaliste. Il Labour, benché in leggera ripresa rispetto alle ultime disastrose tornate elettorali, non dovrebbe ottenere alcun eletto.

I seggi si sono chiusi alle 22 di ieri ma i risultati non verranno annunciati prima di domenica. La contesa elettorale non sembra aver scaldato gli animi degli elettori e l’affluenza si preannuncia bassa.

Le elezioni avvengono ovviamente all’ombra della Brexit, nel giorno dell’annuncio delle dimissioni di Theresa May. Commentando le dimissioni, il premier Leo Varadkar ha parlato di «una nuova fase della Brexit che potrebbe essere molto pericolosa per l’Irlanda». Il tema però non è stato dominante nella campagna elettorale, presumibilmente a causa della completa indeterminatezza che circonda il tema. Difficile infatti per i candidati andare al di là di generiche dichiarazioni di principio sulla necessità di preservare la libera circolazione fra Irlanda e Regno Unito. A dominare la campagna sono stati altri temi, come quello della casa, dato che il paese vive una vera e propria emergenza abitativa, con affitti ormai fuori controllo nelle aree urbane e un numero altissimo di senza fissa dimora.

Al voto per le elezioni europee si affiancano anche le elezioni locali e un referendum sulla questione del divorzio. Introdotta solo nel 1995 a seguito di un referendum costituzionale passato con maggioranza ridottissima, la legislazione sul divorzio è tutt’ora piuttosto restrittiva, prevedendo fra le altre cose una separazione di almeno 4 anni per poter aprire le pratiche di divorzio. Nel caso di un esito positivo al referendum – che appare probabile – il governo si è impegnato a ridurre il periodo di attesa a due anni. Si tratterebbe dell’ennesimo segnale di cambiamento in Irlanda, dopo il referendum sull’aborto dello scorso anno.