Irene cammina nel corteo in via Cavour allattando al seno il figlio di quattro mesi nascosto da un cappellino di lana con il ponpon. Irene ha venticinque anni, i capelli tirati sù in modo carino e la pelle decisamente ambrata. I suoi genitori vengono da Santo Domingo ma lei è nata in Italia e abita con due figli piccoli in una scuola occupata a Tor Carbone, periferia sud di Roma.

«Ho trovato un posto lì cinque anni fa quando è nato il mio primo figlio – racconta – lavoravo come commessa a via del Corso, mi pagavano a voucher, riuscivo a mettere insieme circa 600 euro al mese ma mi sono trovata sola con il bimbo e non potevo pagare nessun affitto, ora ho trovato un nuovo compagno che il padre di questo piccolo ma non guadagna molto, fa i dread (le capigliature tubolari tipiche dei rasta ndr)». «Quando siamo entrati in quell’edificio abbandonato non era igienico – racconta Lourdes, 52 anni, peruviana, vicina di “aula” di Irene che al suo fianco spinge il passeggino – abbiamo fatto delle migliorie e ora è meglio». Lourdes abita lì con la figlia, anche lei l’ha cresciuta da sola. «Che lavoro faccio io? qualsiasi. Il nostro problema è sopravvivere».

Poco più avanti c’è Gaia, 77 anni, insegnante in pensione «e ambientalista» con un gruppetto di persone che sfoggia i palmi delle mani tinti di rosso. «Come le madri di Plaza de Mayo – spiega – ci troviamo tutti i giovedì alle 18,15 davanti al Viminale per protestare contro il decreto Salvini e contro i respingimenti dei migranti in Libia. Per noi è inaccettabile». E aggiunge: «Chi vuole unirsi a noi nella passeggiata, venga».