È di due giornalisti uccisi, tre fermati e uno scomparso il bilancio della repressione della grande protesta che venerdì ha attraversato Bassora. In risposta alla chiamata nazionale della mobilitazione popolare iniziata il primo ottobre scorso, in migliaia sono scesi in piazza anche nel sud dell’Iraq.

Poliziotti e miliziani sciiti hanno reagito aggredendo la folla, sparandogli contro e inseguendo i manifestanti strada per strada. Ahmad Abdelsamad, giornalista della tv irachena Dijlah, e il cameraman Safaa Ghali sono stati uccisi da colpi di arma da fuoco, facendo salire a sei il bilancio totale dei reporter ammazzati in tre mesi di manifestazioni.

Altri tre giornalisti sono stati fermati e poi rilasciati, mentre un quarto – il fotografo Mamoun Mohamad – è scomparso.

Alla chiamata alla piazza, circolata sui social dopo giorni di stand by a seguito dell’uccisione del generale iraniano Soleimani in un attacco statunitense, hanno risposto decine di migliaia di persone in tutto l’Iraq al grido di «No America e no Iran, sciiti e sunniti sono fratelli», chiaro riferimento alla natura anti-settaria della mobilitazione popolare, in contrapposizione al sistema politico iracheno fondato dall’invasione Usa sulla divisione in etnie e confessioni.