Centomila iracheni cristiani in fuga verso il Kurdistan. È il primo devastante effetto della presa delle comunità cristiane nel nord del paese da parte dell’Isil. Mercoledì notte i jihadisti hanno occupato la più grande città cristiana irachena, Qaraqosh, dopo il ritiro dei peshmerga curdi, respinti dall’offensiva lanciata dal gruppo guidato da Al Baghdadi. Non solo Qaraqosh: nel mirino dell’Isil sono finite anche «le città di Tal Kayf, Bartella e Karamlesh, svuotate dalla loro popolazione originaria e ora in mano ai miliziani – ha raccontato all’AFP Joseph Thomas, vescovo di Kirkuk – Una catastrofe, una situazione tragica. Chiediamo al Consiglio di Sicurezza dell’Onu di intervenire subito. Decine di migliaia di persone terrorizzate sono fuggite».

Lunghissime le file al primo checkpoint in territorio curdo: intere famiglie stanno fuggendo con in mano pochi averi, mentre tante altre cercano rifugio nelle montagne intorno alle zone occupate dall’Isil. Ieri, mentre la Francia chiedeva una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dal Vaticano papa Francesco chiedeva ai governi occidentali di intervenire subito «per porre fine al dramma umanitario, adottare misure per proteggere chi è minacciato dalle violenze e fornire loro aiuti umanitari». Il patriarca caldeo iracheno Louis Sako ha raccontato di chiese occupate, 1.500 manoscritti bruciati e croci distrutte. Azioni che seguono alla demolizione alla fine di luglio di tre moschee sciite nelle zone occupate dai jihadisti, dedicate ai profeti Giorgio, Seth e Giona, considerate dall’Isil luoghi di apostasia.

Alla fuga delle comunità cristiane si è aggiunta quella della piccola comunità curda yazidi dall’area di Sinjar, presa dai jihadisti lo scorso sabato. Sarebbero 40mila gli yazidi sfollati, in cammino verso il Kurdistan, con poca acqua e cibo a disposizione.

Qaraqosh e le altre comunità prese d’assalto si trovano a nord e est di Mosul, la prima città irachena a cadere sotto il controllo del’Isil, all’inizio di giugno come il resto della provincia sunnita di Ninawa, da cui sono scappate oltre un milione di persone, per il timore delle violenze dei qaedisti che stanno dettando legge sulle comunità occupate, un’applicazione radicale e personale della Shari’a. Tutti in fuga verso nord, verso la regione autonoma del Kurdistan, i cui miliziani stanno combattendo da giorni contro i qaedisti per evitare un loro sfondamento e la perdita dei territori ufficiosamente conquistati in questi due mesi. Colpita anche Kirkuk, controllata da oltre un mese dai curdi: ieri due autobomba hanno ucciso 11 persone. Un attacco nel cuore di una città strategica per le considerevoli risorse petrolifere. Un’avanzata – l’Isil sarebbe giunto a soli 40 km da Irbil, capitale curda, e avrebbe occupato le comunità di Mahmour e Gwar – che preoccupa anche il governo di Baghdad, arroccato sulle proprie posizioni, intorno alla capitale e a Sud: lunedì il premier Maliki ha mandato l’aviazione a bombardare le postazioni jihadiste a sostegno dei peshmerga che da soli proteggono 150 km di confine, la frontiera ufficiosa tra Kurdistan e il territorio controllato dall’Isil.

E mentre l’Isil rafforza le proprie posizioni, forte del controllo di intere province da ovest a est – Ninawa, Anbar, Salah-a-Din e Diyala – e dei più ricchi giacimenti di petrolio iracheni, ora l’obiettivo dell’autoproclamato califfo Al Baghdadi si sposta sulle risorse idriche. Dopo una settimana gli scontri tra peshmerga e islamisti per il controllo della diga di Mosul, la più grande del paese, lungo il fiume Tigri, ieri i miliziani jihadisti sono riusciti a sfondare le postazioni curde: i residenti raccontano di bandiere nere issate sulla diga. La notizia trova conferma nelle dichiarazioni di Atheel al-Nujaifi, governatore della provincia di Ninawa che ha avvertito del grave pericolo che incombe ora su un terzo del paese: l’Isil si garantisce così il controllo dell’acqua e l’elettricità che riforniscono il nord e minaccia direttamente Baghdad (lungo il Tigri) di possibili inondazioni.

Ma per ora l’avanzata islamista sembra concentrarsi a nord ovest. Alla fine di giugno, Al-Baghdadi aveva minacciato la presa della capitale, promettendo una marcia su Baghdad e la definitiva conquista del paese. Oggi le forze qaediste sembrano impegnate a rafforzare le posizioni conquistate all’interno di quel corridoio che dalle porte di Aleppo, in Siria, arriva fino a Diyala, est dell’Iraq, un mese fa dichiarato il nuovo califfato, lo Stato Islamico.