È chiaro a tutti che l’accordo sul nucleare iraniano non si ferma alla mera fine delle aspirazioni atomiche di Tehran o alla difficile chiusura della pagina delle sanzioni internazionali. L’intesa di Vienna aprirebbe la strada alla completa normalizzazione nei rapporti tra Tehran e Washington. Questo passaggio che potrebbe apparire ormai scontato, o addirittura «trasparente» dopo anni di incontri sotto banco, ha invece implicazioni traumatiche ancora tutte da valutare. E per questo sorgono i dubbi, gli ostacoli, i rinvii.

Anche la quarta scadenza dell’ormai estenuante maratona dell’Hotel Palais Coburg di Vienna non è stata rispettata nonostante nella mattinata di ieri ci fossero segnali positivi per un annunciato discorso pubblico del presidente Hassan Rohani agli iraniani. Un’intesa completa sul nucleare con i negoziatori europei e statunitensi metterebbe in campo nuovi rapporti di potere in Medio oriente, come conseguenza della fine delle tensioni Usa-Iran.

Ma nel lungo termine l’accordo potrebbe anche ridimensionare i controversi legami tra Stati uniti e Unione europea con l’Arabia Saudita, e intaccare l’egemonia israeliana degli ultimi 35 anni.

Per questo i due nodi citati da varie fonti a Vienna come ostacoli ancora non superati non sono più in riferimento al numero di centrifughe o sulla fine (graduale o immediata: questione ancora non chiara) delle misure internazionali contro il programma nucleare ma vanno oltre e riguardano le sanzioni contro la fornitura di armi e missili (citate dai media iraniani come la vera causa dello slittamento dell’intesa) fino alle ispezioni a sorpresa nei siti militari.

Questi punti restano per i negoziatori iraniani delle linee rosse da una parte per conservare una minima credibilità interna nei confronti degli ultra nazionalisti che criticano l’intesa; dall’altra però sembrano l’unica garanzia valida per Usa e Ue per accantonare definitivamente il gelo con Tehran, non solo in merito al nucleare ma più in generale in riferimento alla democrazia originale, nata in Iran dopo la Rivoluzione islamica. Come al solito, i più duri negoziatori sono i francesi che vorrebbero la revoca temporanea non la cancellazione delle sanzioni e limiti più specifici alle attività di ricerca nucleare. Si profila così un’estensione a oltranza dei colloqui mentre resta in vigore l’accordo preliminare di Losanna del 2 aprile scorso che ha confermato la volontà di Tehran di chiudere le sue centrali e ridimensionare il suo numero di centrifughe ma non ha concretizzato l’impegno occidentale di avviare la cancellazione delle sanzioni che affamano il popolo iraniano.

Eppure il capo dell’Agenzia atomica Ali Akbar Salehi, il vice ministro degli Esteri, Abbas Araqchi si sono mostrati fiduciosi e non frettolosi per il raggiungimento dell’intesa.

Una volta approvata la bozza il Congresso Usa e il Majlis di Tehran dovranno ratificarla prima della firma. La maggioranza repubblicana potrebbe bocciare l’accordo, ma Obama a quel punto avrebbe la possibilità di porre il veto che dovrebbe essere superato da un improbabile voto dei due terzi dei deputati Usa. I lunghi colloqui in Svizzera e Austria sono una vera piattaforma per dare corpo ai primi incontri tra diplomatici iraniani e statunitensi che si svolsero ad Algeri per risolvere la crisi degli ostaggi nell’ambasciata Usa a Tehran (1979) fino al riavvicinamento voluto da Hashemi Rafsanjani dopo la guerra Iran-Iraq e concretizzatosi solo con l’elezione di Rohani.

La possibilità che l’intesa sia raggiunta a breve ha già avuto effetti in politica interna. Cinque attivisti sono stati condannati al carcere per il loro coinvolgimento nelle manifestazioni dell’Onda verde contro la seconda elezione di Ahmadinejad nel 2009. Ieri si è svolta poi la terza udienza a Tehran del processo a carico del giornalista del Washington Post Jason Rezaian, accusato di spionaggio e per mesi agli arresti senza una chiara imputazione. Ma se questa svolta storica non dovesse concretizzarsi sono già una realtà le rafforzate relazioni tra Mosca e Tehran (per obbligo non per scelta).

Il presidente Rohani al rientro da Mosca dal summit dei Brics ha confermato la sua intenzione di rafforzare l’asse con il Cremlino. Il comandante della marina iraniana Habibollah Sayyari ha discusso della sicurezza del Mar Caspio a San Pietroburgo. Le autorità iraniane hanno firmato accordi commerciali e sulla sicurezza con Mosca proprio in vista del prolungarsi dei colloqui sul nucleare. È stata anche lanciata una linea navale diretta tra Rasht, città a Nord di Tehran, e Astrakhan in Russia.