Entro dieci giorni l’Iran supererà la quantità massima di uranio a basso arricchimento che può tenere in riserva in base all’accordo internazionale sul suo programma nucleare (Jcpoa) siglato nell’estate del 2015 e dal quale un anno fa si sono ritirati gli Stati Uniti. «Abbiamo quadruplicato il livello di arricchimento e lo abbiamo aumentato ancora di più recentemente. In 10 giorni supereremo il limite di 300 kg di riserve di uranio. C’è ancora tempo, se i paesi europei agiscono», ha avvertito il portavoce dell’agenzia iraniana per l’energia atomica Behrouz Kamalvandi. L’Iran necessita di uranio arricchito al 5% per la sua centrale nucleare di Bushehr, porto nel sud del Paese, e fino al 20% per un reattore a Tehran a scopi di ricerca scientifica. Secondo l’accordo del 2015 l’Iran può produrre solo uranio a basso arricchimento (3,67%) e le sue riserve non devono superare la soglia di 202,8 chilogrammi. Finora Tehran ha rispettato questi limiti e gli altri obblighi ma ora, di fronte al boicottaggio del Jcpoa da parte americana, intende tenersi le mani libere. «Abbiamo aspettato un anno, era la nostra pazienza strategica», ha spiegato Kamalvandi.

Tradita dall’Occidente dopo anni di estenuanti trattative per arrivare al Jcpoa, e colpita dalle sanzioni americane che stanno mettendo in ginocchio la sua economia, Tehran non si sottrae al braccio di ferro con l’Amministrazione Trump e i suoi alleati in Medio oriente, Israele e Arabia saudita. E fa capire di essere pronta a passare la linea rossa. Ma tirare troppo la corda è pericoloso, rischia di spezzarsi e di facilitare il gioco di chi vuol far passare l’Iran come il responsabile di tutti i mali della regione e dei recenti attacchi e sabotaggi subiti da sei petroliere in navigazione nel Golfo. E agevola la strategia Usa di costruire un ampio consenso internazionale ad un attacco militare contro Tehran.

Al momento appare improbabile in tempi stretti una nuova guerra nel Golfo ma sul medio-lungo periodo non si può escludere. Washington presto invierà nuove truppe nella zona del Golfo – ha anche formato uno stormo aereo misto americano e saudita, composto di cacciabombardieri di F-15 – e altrettanto farà il governo di Londra che ha messo in guardia Tehran dal venir meno dagli impegni del Jcpoa. La Gran Bretagna prende le distanze dalla posizione dell’Europa più favorevole alle ragioni dell’Iran e – come avvenne nel 2003 contro l’Iraq – si è allineata agli Stati Uniti. Il Times ieri ha rivelato che Londra è pronta ad inviare un distaccamento del Commando 42 dei Royal Marines nella base navale britannica in Bahrein. Il sottosegretario alla difesa Tobias Ellwood inoltre ha avvertito l’Iran che il Regno Unito è pronto a proteggere i suoi interessi nel Golfo ed esaminerà tutte le “opzioni disponibili” se l’Iran violerà gli impegni assunti riguardo le sue attività nucleari. Nei giorni scorsi il ministro degli esteri Jeremy Hunt, senza avere in mano alcuna prova, ha sostenuto che la responsabilità degli attacchi alle petroliere è dell’Iran.

Soffia sul fuoco della tensione anche il premier israeliano Netanyahu che, alla guida dell’unico paese del Medio oriente in possesso segretamente di testate nucleari e che non ha mai firmato il Trattato di non proliferazione, ha chiesto che la comunità internazionale applichi il meccanismo di sanzioni (snapback sanctions) inserito nel Jcpoa, «se l’Iran mettesse in atto le sue minacce e violasse l’accordo nucleare». Quindi ha avvertito che «Israele non permetterà all’Iran di ottenere l’arma nucleare». Netanyahu da oltre 10 anni predica l’uso del pugno di ferro contro Tehran che accusa di volersi dotare della bomba atomica. E ha duramente contestato Barack Obama, sostenitore del Jcpoa, al punto da cercare di mettere il Congresso contro l’ex presidente americano.

Si intensifica intanto il pressing del presidente iraniano Rohani sull’Ue. «La situazione attuale è molto delicata – ha detto ieri – e alla Francia e all’Unione Europea resta molto poco tempo per svolgere il loro ruolo storico per salvaguardare l’accordo nucleare». Il crollo dell’intesa nucleare – ha avvertito – «non sarà nell’interesse dell’Iran, della Francia, della regione e del mondo».