«Ti assicuro, mio ottimo amico, che vi sono certi momenti della vita che il pericolo, qualunque esso sia, è nulla al confronto del compenso che se ne può trarre per l’arte, e pella gloria di un artista». Poche parole indirizzate ad Antonio Tessari, tra le ultime scritte da Ippolito Caffi. Il momento, per lui, arriva il venti luglio del 1866, giorno in cui le navi della Regia Marina del Regno d’Italia e della Marina da Guerra dell’Impero Austriaco si danno battaglia nel Mar Adriatico, al largo di Spalato. Sul ponte di uno dei diciassette battelli che insieme a dodici corazzate costituiscono la flotta italiana, Caffi siede e dipinge. Una cannonata raggiunge la nave mandandola in pezzi. Il corpo del pittore non verrà ritrovato. Quel venti luglio segna la morte di un personaggio che fu artista, viaggiatore e patriota, in un secolo dove il Grand Tour sentiva forti i richiami dell’Oriente «Il mare è sempre attraente, perché i suoi confini e le sue profondità non possono essere raggiunte dall’occhio, perché è un corpo unico, che però ha le sue infinite gocce, i suoi milioni di onde». Così Massimiliano d’Asburgo nel suo libro Aforismi. Non tra le onde del mare, ma di fronte a un plotone di esecuzione morirà l’imperatore di un fasullo regno del Messico. Saranno i repubblicani di Benito Juarez a fucilare un uomo che, nella sua breve vita, aveva attraversato il Mediterraneo, l’Atlantico, il Pacifico, senza mai dimenticare l’Adriatico e Trieste, da lui considerata sua seconda patria. Ippolito e Massimiliano, divisi dal ceto e dalle idee politiche, coltivavano entrambi la passione per il viaggio. Si incontrarono una sola volta, nel 1857, quando, tra la costernazione e la disapprovazione di notabili e cortigiani per la scelta di un sovversivo e nemico dell’Impero, Massimilano commissionò a Caffi un quadro destinato al castello triestino di Miramare, Festa notturna a Venezia in onore degli arciduchi Massimiliano e Carlotta. L’anomala connessione viene riproposta proprio a Miramare, residenza voluta e amata dal giovin signore, con la mostra Ippolito Caffi, dipinti di viaggio tra Italia e Oriente. Le opere provengono dalle collezioni di Ca’Pesaro e offrono un saggio eloquente della maestria pittorica di Caffi nel fermare su tela episodi, ambienti, paesaggi, ruderi antichi, consegnandoci tutta la magia della luce diurna e notturna di cui aveva saputo impregnarli. A fare da contrapposto, appesi alle pareti degli ambienti sontuosi, sono i quadri dei pittori di corte. A volte i soggetti coincidono, ma nulla più. Un bazar dipinto da Caffi comunica tutta la sua vivezza, rivela ogni dettaglio, evidenzia i contrasti senza mai piegarli all’oleografia. Il mercato degli schiavi a Smirne è invece visto dai pennelli di corte con distacco, asservito ai canoni dell’esotismo, pur se, da quel bazar, il giovane aristocratico, come annota Paola Granzotto in Massimiliano, vita di un imperatore (Marsilio Editori), «… rimane deluso dal grigiore dei corpi, accasciati a terra, sommariamente vestiti».

Può sembrare banale, ed è per contro differenza non da poco: Caffi sapeva rappresentare con genialità ciò che incontrava lungo le rotte dei suoi viaggi. Maxi, questo il vezzeggiativo di famiglia, lasciò appunti e scritti, mai dotati però di una statura letteraria significativa. Le memorie e le reminescenze orientali riecheggiano nel castello. Souvenir scelti con attenzione, quasi un tramite usato da Massimiliano per riassumere le emozioni che non era in grado di esprimere altrimenti. I primi segni sulle mappe il futuro imperatore li mette a soli diciott’anni, nel 1850, partendo per la Grecia, la Dalmazia e la Tunisia. Nel 1852, già entrato nella Marina austriaca, salpa verso Livorno, Napoli e la Spagna, e nel maggio dello stesso anno, sulla nave a vapore Volta, raggiunge Sicilia, Baleari, Algeria, Albania, Portogallo. In terra lusitana conosce Maria Amalia, figlia dell’imperatore del Brasile, e se ne innamora. Amore breve, cui mette fine la morte della donna. Il 1854 vede la sua nomina a contrammiraglio, il 1856 il fidanzamento con Carlotta del Belgio, che sposerà a luglio del 1857. L’incontro con il Brasile si compie nell’inverno del 1859. Le dimissioni forzate da governatore del Lombardo Veneto e la perdita della Lombardia all’indomani della battaglia di Solferino hanno azzerato il ruolo politico di Massimiliano. Carlotta si ferma a Madeira, lui approda a Bahia e si addentra in alcune zone dell’interno, rimanendo folgorato dalla bellezza della natura. Il giorno prima di Natale arriva a Miramare, ormai residenza della coppia dopo il ritorno, il monarchico messicano Guttierez de Strada, con l’obbiettivo di trovare alleati per rovesciare il governo di Juarez. Millanta che buona parte del popolo è a favore della restaurazione della monarchia e che un Asburgo potrebbe sedere sul trono. Napoleone III e la Chiesa, favorevoli all’idea, garantiscono appoggi militari ed economici. Il 28 maggio 1864 Massimiliano sbarca con Carlotta a Veracruz, e tra l’ostilità della gente si proclama imperatore del Messico. È l’inizio della guerra contro i repubblicani, che piegano più volte le truppe nemiche. La situazione precipita. Carlotta torna in Europa nel 1866 per chiedere aiuti. Al cospetto del papa manifesta problemi di salute mentale e verrà di fatto segregata a Miramare. Nel maggio del 1867 gli uomini di Juarez arrestano Massimiliano. Il 19 giugno l’imperatore del Messico cade sotto la raffica del plotone di esecuzione.

Dunque il viaggiatore di sangue blu raggiunse luoghi in parte rimasti ignoti a Caffi. Quando le rotte coincisero, opposti furono il modo e le motivazioni che li spinsero a percorrerle. Ippolito, nato nel 1809 a Belluno, aveva convinto il padre Giacomo a lasciargli intraprendere la carriera artistica, ma nel 1825 Giacomo muore annegato e il giovane Caffi deve trasferirsi a Padova, dal cugino e pittore Pietro Paoletti. Pochi mesi dopo, Poletti parte per Roma, dove ha accettato l’incarico per alcuni lavori. Ippolito riesce ad entrare all’Accademia di Venezia, ben presto ambiente troppo limitato per lui. Dalla sua casa romana il cugino gli scrive di una città aperta e stimolante. Ippolito ci arriverà nel 1832, in tasca i soldi delle lezioni di disegno e della vendita di qualche lavoro. Roma segna la svolta pittorica. Lettera ad Antonio Tessari, marzo del 1833 «Io non faccio che di continuo dedicarmi a disegnare e a dipingere dal vero… La mia vita è più felice che qualunque possa immaginare». Il vedutismo e la paesaggistica saranno le basi su cui poggeranno anche i reportage per immagini in Paesi lontani. Ma il miraggio incantatore dell’Oriente, più netto e vicino nel Sud dell’Italia, porta Ippolito a fissare una data di partenza. Il 5 settembre 1843, la lista dei passeggeri del vapore francese che lascia Napoli, elenca il cognome del pittore Caffi. Malta, Corfù, Celafonia e, dopo undici giorni, Atene. Durante la sua permanenza, Ippolito realizza, insieme a sedici opere, il primo taccuino di disegni e appunti «Un libro pieno di costumi e di bestie componenti la popolazione della Grecia». Oggi quei taccuini sono patrimonio del Museo Correr, donati dalla vedova Caffi, Virginia Missana. Verso Costantinopoli, adesso, passando per Smirne «… giunto dirimpetto a Costantinopoli, a Pera, Galata, il Bosforo, io mi credea trasportato in paradiso». Un paradiso in cui l’artista si immerge: abbozzi di persone, vie, case, palazzi, mercati, monumenti, che poi renderà compiuti su tela, al suo ritorno. Fermarsi è impossibile, l’Oriente ha troppe promesse in serbo. La Siria, l’Armenia, la Palestina e l’Egitto attendono il viaggiatore ansioso e felice. La poetica di Caffi, la sua ricerca del vero e dell’immediato, creano capolavori emozionanti: Il bazar di scialli ad Alessandria, Karnak a Tebe, Il bazar turco e L’ippodromo di Costantinopoli. Meravigliosi, altro aggettivo è impossibile, sono Il vento Simun nel deserto, Veduta delle dolci acque d’Europa, L’istmo di Suez. Nulla, in questi tre oli su cartoncino, viene stravolto o plasmato ad uso della retorica occidentale. La Sfinge è un profilo scuro nel rosso del tramonto stravolto dal vento, i minareti e le cupole di Costantinopoli si riflettono sull’acqua ed emergono dalla foschia di fine giornata, la bianca Suez fa da sfondo ai dromedari e agli uomini di una carovana in sosta. Il cammino del ritorno è punteggiato da altre tappe ancora: Gerusalemme, Hierapolis, Efeso, Laodicea. Grandi fatiche ha dovuto affrontare Ippolito, e molte disavventure, tra cui il furto di buona parte del denaro che aveva con sé. Eccolo, allora, seguire il cammino dei mercanti per continuare il viaggio; nascondersi sotto abiti locali per scampare a rischi e pericoli, accontentarsi di un pugno di cibo e un sorso d’acqua per sopravvivere.

Torna a Roma, Ippolito. La luce orientale non è divenuta solamente un tratto distintivo della sua pittura. Gli è entrata dentro, gli si mostra perché lui è divenuto capace di coglierne significati e sfumature. Le vie e le piazze della Città Eterna sono adesso pervase di una luminosità che ricorda il Cairo, Algeri, le rovine greche: vivida e netta di giorno, morbida e piena con il calar del sole. A partire dal 1847, Caffi patriota e Caffi artista divengono una sola figura. Gli arresti, il confino, le condanne lo portano a rifugiarsi tra le montagne del Bellunese; per quattro anni a partire dal 1849 vive in Liguria, si reca a Nizza e in Svizzera, apre uno studio a Torino. Poi una sorta di vuoto fino al 1854. Nessuna opera, fatta eccezione per qualche disegno, documenta i soggiorni in Spagna e in varie città italiane. Nel 1854 va a Parigi con l’intento di partecipare all’Esposizione Universale l’anno successivo, e presenta tre quadri, tra cui un Carnevale a Roma. Mai il vedutista vagabondo smette di cercare soggetti che alimentino la sua ricerca. Il ritorno romano, insieme a Virginia, sposata il 21 dicembre del 1848, data 1855. L’impossibilità di rivedere Venezia a seguito di un’ingiusta condanna, macchia però la piacevolezza dei giorni. Caffi ottiene dall’Austria un salvacondotto e una revisione del processo, al termine della quale viene assolto da ogni accusa. Con Virginia riaprono la casa veneziana, il lavoro dà corpo a dipinti memorabili quali la veduta di Piazza San Marco. Non c’è quiete, tuttavia, per il patriota Ippolito. Venezia subisce un’ondata di arresti, le spie austriache si annidano ovunque e sono più che mai attive nello scovare i ribelli dopo la fine della Seconda Guerra di Indipendenza e l’armistizio di Villafranca. L’oppressione spinge il pittore a cercare sollievo in Piemonte e Lombardia. A primavera è di nuovo a Venezia, il primo luglio viene arrestato con l’accusa di altro tradimento e passa tre mesi nella prigione di san Severo. Una volta libero, segue la scia di Garibaldi fino a Napoli, confuso tra la folla che esulta per l’arrivo di Vittorio Emanuele II, il 7 novembre 1860. Napoli in festa è l’ennesimo taccuino colmo di schizzi che serviranno a realizzare il prezioso olio su cartoncino dedicato all’evento. Sei anni dopo l’Italia unita firma con la Prussia un’alleanza contro le ingerenze asburgiche negli stati confinanti. Il 15 giugno la Prussia attacca l’Austria, cui l’Italia dichiara guerra nel rispetto dell’accordo. Caffi chiede e ottiene, con la scusa di documentare le varie fasi del conflitto, di imbarcarsi su una delle navi preposte alla difesa delle coste adriatiche. Il 19 luglio la flotta si dirige verso Lissa, Ippolito accetta l’invito di Carlo Pellon di Persano a trasferirsi sulla nave ammiraglia. Lettera ad Antonio Tessari da Atene, settembre 1843 «Quando un artista può essere libero, come lo sono io adesso, si può anche in questo mondo gustare qualche istante di felicità». Lasciare questo mondo, in un istante. Quell’istante in cui Ippolito Caffi forse comprese che la vera felicità si nascondeva ad Oriente. E lui, artista, viaggiatore e patriota, era riuscito a viverla, seppure per una manciata di tempo.

 MOSTRA

Ippolito Caffi. Dipinti di viaggio tra Italia e Oriente

Trieste, Museo storico del Castello di Miramare

Fino al 16 gennaio

Per informazioni: castello-miramare.it, castellomiramare.org

I dipinti esposti sono circa una quarantina, scelti tra le opere di maggior spicco firmate da Caffi. Celebre, per quanto riguarda le opere italiane, il piccolo olio su cartoncino, soltanto 25×37 centimetri, intitolato Carnevale di Roma. La festa dei moccoletti. Di indubbia suggestione Nebbia e neve sul Canal Grande. Interno del Colosseo mostra il monumento visto dall’alto in totale, circondato dalle rovine dei Fori e dalla campagna. La mostra offre anche l’opportunità di visitare gli interni del castello, con il mobilio e gli oggetti scelti da Massimiliano, i dipinti dei suoi viaggi, gli spazi disegnati pensando alle architetture del Vicino Oriente. Bora e orari permettendo, da non perdere sono due passi nell’immenso giardino affacciato sul Golfo di Trieste

 ALBERGHI E RISTORANTI

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