Anche questa volta siamo qui a domandarci: cosa può avere indotto i giurati del Nobel a scegliere proprio questo scrittore francese fra i tanti possibili candidati della letteratura mondiale? Forse la sua popolarità e la stima medio-bassa (di certo mai eccelsa) che la critica gli rivolge in Francia, in omaggio alla tendenza contemporanea, spesso seguita dal Nobel, di rompere gli steccati fra letteratura alta e sperimentale e letteratura di consumo? Forse la sua identità mescidata, mezzo ebreo-italiana (per parte di padre) e mezzo fiamminga (per parte della madre attrice)? Forse il modo spregiudicato con cui nel corso degli anni, fra ricostruzioni autobiografiche e romanzesche, ha cercato di scavare nella memoria della famiglia, oltre l’anno-cerniera della sua nascita, il 1945, fra vicende oscure, a tratti ambigue, fra persecuzioni, false identità, compromissioni con i nazisti occupanti?

Difficile attribuire un significato politico (come spesso accade per il Nobel) alla motivazione di questa scelta, se non forse per la possibilità di scoprire, dietro una storia personale, l’orizzonte collettivo di una società come quella francese, che non ha fatto mai sino in fondo i conti con gli anni dell’occupazione e delle deportazioni, avvenute con la complicità di molti cittadini francesi.

Forse la ragione della scelta sta nel modo peculiare con cui Modiano ha trattato, e rinnovato dall’interno, il genere molto francese dell’autobiografia, mescolando memoria familiare, inchiesta sul passato, ricordi immaginari. L’ha detto molto bene lui stesso, in un’intervista a Laurence Liban su «Lire» nell’ottobre 2003 dove ricorre al curioso concetto del magnetismo: «Il mio procedimento non è di scrivere per cercare di conoscermi e fare dell’introspezione. Piuttosto è, con dei poveri elementi casuali – i genitori che ho avuto, la mia nascita dopo la guerra… – trovare un po’ di magnetismo in quegli elementi che sono in sé privi di interesse, rifrangerli attraverso una specie di immaginario. L’impresa autobiografica mi è sempre parsa una specie di illusione, a meno che avesse una dimensione poetica come avviene nel Nabokov di Speak. Memory. Il tono autobiografico ha qualcosa di artificiale, perché prevede sempre una messa in scena». Sarà così? Resta il fatto che c’è sempre qualcosa di casuale nelle scelte della giuria del premio Nobel per la letteratura.