Segnali di distensione sul fronte dei lavoratori Almaviva Roma trasferiti dall’azienda a Catania dopo essere stati reintegrati dal giudice. Nonostante le sentenze sfavorevoli, infatti, Almaviva per la terza volta aveva deciso di mandare 113 lavoratori nella sede più lontana: la sede di Misterbianco, vicino Catania, intimando loro di presentarsi – con pochi giorni di preavviso – l’8 agosto, in piena estate. Oltre al ricorso, Slc Cgil e Usb avevano dichiarato sciopero fino al 30 agosto per evitare che i lavoratori dovessero trasferirsi in attesa del ricorso.
Venerdì al tribunale del lavoro di Roma è stato discusso il ricorso di urgenza contro il trasferimento. E il giudice ha deciso di tentare la via della conciliazione. Già imbastita in attesa della approvazione di ogni singolo lavoratore: il trasferimento è revocato fino al 4 novembre, data in cui arriverà il giudizio di opposizione sul provvedimento. Fino a quel periodo i lavoratori risulteranno in «permesso non retribuito» potendo godere dalla Naspi.
Come in ogni puntata nella lunga e tormentata vicenda giudiziaria scaturita dal licenziamento più grande degli ultimi 25 anni – i 1.666 lavoratori di Almaviva Roma senza lavoro dal 22 dicembre 2016 perché gli Rsu romani si rifiutarono di firmare l’accordo che legava il mantenimento del posto al taglio del salario e ai controlli a distanza, in deroga perfino al Jobs act firmato invece dagli Rsu di Napoli – serve riepilogare la situazione.
Tra le varie sentenze di reintegro, la più ampia è stata quella del 16 novembre 2017 per licenziamento discriminatorio. Ma Almaviva decideva subito per il trasferimento a Catania. Ribadendo l’intimazione ai lavoratori sebbene un giudice abbia sentenziato come comportamento antisindacale il mancato rispetto delle procedure del contratto nazionale. Il 31 maggio la sentenza di appello che ha ribadito illegittimi i licenziamenti, definendo il trasferimento a Catania «un’irrimediabile lesione del diritto a una esistenza libera e dignitosa» (Articolo 36 della Costituzione) per chi guadagna 800 euro al mese, stabilendo come la sede di Roma fosse aperta e sotto organico per «almeno 31 posizioni» sulla commessa Gse. Aggiungendo che i circa 25 beneficiari della legge 104 (assistenza a familiari disabili) «non possono essere trasferiti senza consenso». La terza prova di forza era stata così limitata a 113 lavoratori (non i 25 con legge 104). In attesa del pronunciamento di merito, Almaviva sembra scesa a più miti consigli. Ma i voltafaccia sono già capitati.
Intanto a settembre arriveranno altre sentenze di appello su altre richieste di reintegro.