Un risultato «all’italiana»? È possibile. Il 22 settembre dalle urne tedesche potrebbe non uscire un verdetto chiaro. Stando ai sondaggi, né la coalizione fra democristiani della Cdu-Csu e liberali della Fdp, né quella fra socialdemocratici della Spd e Verdi avranno i numeri necessari per formare una maggioranza. Nel caso dell’alleanza che attualmente sostiene l’esecutivo di Angela Merkel, l’obiettivo è più vicino: la debolezza dei liberali (dati intorno al 5%), tuttavia, mette a repentaglio la continuità del centro-destra.
Uno scenario, quello in cui «non vince nessuno», che spaventa molti qui in Germania. Ma che, va riconosciuto, alletta molti altri. Perché significherebbe, probabilmente, la riedizione per la terza volta nella storia tedesca di una grosse Koalition fra i democristiani e i socialdemocratici. Di nuovo a guida Merkel, la leader del partito che, salvo imprevisti, prenderà più voti (intorno al 40%).
Chi teme di più tale esito è senza dubbio la Spd: governare come partner minore in un’alleanza con la Cdu-Csu rischierebbe di allontanarla ancora di più dal proprio elettorato di riferimento. Mentre nel 2005 il partito veleggiava ancora intorno al 35%, quattro anni fa – dopo una legislatura di «grande coalizione» – è precipitato al 23%. Una soglia dalla quale sta tentando, con molta fatica ma senza grande successo, di risalire. L’alternativa all’abbraccio mortale con Merkel, però, sarebbe solo l’opposizione, dal momento che Peer Steinbrück e compagni si rifiutano di prendere in considerazione l’ipotesi di un governo con i social-comunisti della Linke.
La Cdu, invece, non avrebbe problemi ad amministrare il paese con la Spd. La cancelliera ha dimostrato ampiamente di sapersi adattare, con cinico pragmatismo, a qualunque situazione. Sposterebbe un po’ più «a sinistra» l’asse della sua politica, e il risultato non cambierebbe granché. Sarebbe anzi persino più facile con i socialdemocratici che con i riottosi liberali approvare i pacchetti di «aiuti» agli stati europei in crisi: proprio ieri il ministro delle finanze Wolfgang Schäuble ha annunciato che nel 2014 sarà probabilmente necessario approntarne un altro «a favore» della martoriata Grecia.
A sperare in una grosse Koalition, poi, sono influenti settori economici. Il presidente degli industriali metalmeccanici, Rainer Dulger, lo ha lasciato intendere chiaramente in una recente intervista alla Süddeutsche Zeitung, nella quale ha agitato lo spettro di una de-industrializzazione della Germania nel caso di presenza dei Verdi al governo. E lo stesso quotidiano, tradizionalmente su posizioni di sinistra moderata, si è espresso in tal senso: «Sarebbe meglio se, dopo il 22 settembre, nella più grande economia d’Europa si creasse nuovamente una grande coalizione, nella quale la Cdu risparmiasse un po’ meno di quanto le piace e la Spd spendesse un po’ meno di quanto è congenito alla sua natura», si leggeva in un editoriale apparso sabato scorso.
I partiti minori, ovviamente, confidano in un risultato diverso. La Fdp si batte per superare la soglia di sbarramento del 5% e continuare a governare insieme a Merkel, accontentandosi magari di qualche ministero in meno. La Linke sembra destinata all’opposizione, mentre i Verdi potrebbero tentare una strada nuova: offrirsi alla Cdu come alleati. Difficile ma non impossibile: a caldeggiare quest’ipotesi, in un articolo sull’ultimo numero del settimanale der Spiegel, è Daniel Cohn-Bendit. Non proprio uno qualunque.