Combattere la violenza manifesta significa oggi prendere il problema alla radice: snidare la cultura che la produce, incarnata nelle istituzioni, nelle condizioni lavorative, nella morale così come nelle immagini della pubblicità e dello spettacolo …”. Così scrive Lea Melandri in Amore e violenza. Di seguito il colloquio con la ventitreenne autrice delle immagini di Io so’ Carmela.

Hai subito cominciato a disegnare l’immagine di Carmela?

Sì, all’inizio ho provato a tratteggiare la sua figura e il suo volto, ispirandomi alle foto che avevo cercato in internet. Poi però ci siamo rese conto che l’immagine era troppo riferita solo a lei, quando invece il fumetto voleva trasmettere l’idea di un vissuto che può toccare qualunque ragazzina, così abbiamo deciso per una figura più universale. E anche il padre di Carmela ci ha detto che questo l’ha in qualche modo aiutato a guardare con una certa distanza a quello che è successo.

Hai scelto i colori delle terre per dare un’impronta stilistica a tutto il lavoro, con l’unica eccezione della macchia di colore rosso della felpa di Carmela, che anche graficamente si abbina alle scritte con gli estratti del diario …

Lavorando come illustratrice, mi piace che tutto sia una variazione sullo stesso tono: trovo che contribuisca a creare un’atmosfera precisa. Qui però, in questa narrazione “monocromatica”, Carmela doveva spiccare, così abbiamo deciso di farle indossare una felpa rossa in modo che il lettore, girando le pagine del “diario”, la riconoscesse sempre subito e che al tempo stesso fosse il cuore pulsante della storia. Durante gli incontri di presentazione del libro nelle scuole, molte ragazzine hanno collegato questo dettaglio a Cappuccetto rosso (fiaba che allude proprio all’abuso di una bambina, ndr). Questo ci ha fatto piacere, anche se non è stato un riferimento cosciente.

Un lavoro molto delicato e complesso era disegnare le scene degli stupri. Come le hai affrontate?

Quando ho accettato d’istinto la proposta dell’editore e ho cominciato a lavorare e progettare con Alessia, non mi ero resa conto che avrei dovuto disegnare delle scene così: avevo immaginato che questa parte sarebbe stata per lo più espressa attraverso il testo. Invece poi Alessia mi ha spiegato che bisognava far vedere necessariamente le violenze perché uno degli aspetti centrali della storia era proprio il fatto che Carmela non era stata creduta. Quando ho realizzato tutto questo, immedesimarmi è stato emotivamente molto doloroso per me – tra l’altro all’epoca avevo 21 anni, non molti in più di Carmela, quindi eravamo proprio vicinissime. Mi è sembrato insostenibile, tanto che a un certo punto ho pensato di abbandonare il lavoro. Allora Alessia mi è venuta incontro, ne abbiamo parlato e ci siamo confrontate un casino. Ho deciso di continuare, provando a rendere quelle scene con rispetto e delicatezza nei confronti di Carmela, sempre tenendo presente che la madre e il padre avrebbero visto quelle immagini.

Che cosa ti ha colpito di più delle reazioni dei ragazzi negli incontri che avete fatto nei licei?

Ho sentito grande attenzione, rispetto e non giudizio non solo tra le ragazze, ma soprattutto anche tra i ragazzi. Hanno voluto indossare una felpa come la sua, non c’era un muro tra noi e loro. Tanti in questa storia cercato di cancellare Carmela, ma non ci sono riusciti. Lei è qui con noi.

Monica Barengo è diplomata in Arti figurative e Illustrazione allo IED di Torino, nel 2012 i suoi disegni sono stati selezionati alla Mostra degli illustratori della Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna. Nel 2013 ha vinto il premio Previsioni Future dell’Associazione Illustratori.

Il libro di Alfonso Frassanito Io so’ Carmela è richiedibile presso info@iosocarmela.net.