«Il voto per i sindaci non è per il governo». Lo dice Matteo Renzi e lo si può capire. Sa leggere i sondaggi e avverte l’odore della sconfitta. E pensare che la stampa amica raccontava ieri tutta un’altra storia. I media italiani, che da sempre offrono lo spettacolo peggiore quando le elezioni si avvicinano, esibivano un orgiastico tripudio.

I sondaggi di ieri erano gli ultimi «legali» prima della corsa finale, dunque gli ultimi che giornali e tv potessero interpretare per dare una mano a chi di dovere
Repubblica si è distinta. Il quadro nelle piazze principali tutto è tranne che rassicurante per il partito che governa (e che occupa in pianta stabile le televisioni). Urge rimediare con un titolo, per correggere il lettore, dovesse mai dar retta ai numeri e alle cifre: «Nella corsa ai sindaci il centrosinistra regge».

Figurarsi. Alla prova dei fatti magari scopriremo che resiste alla grande. Ai nastri di partenza però non pare.

Prendiamo Roma: la rilevazione Demos vede Giachetti staccato di sei punti rispetto alla candidata a cinque stelle: 30,5% contro il 24,5%. Senza il regalo di zio Silvio, quella candidatura Marchini che resta col fiatone nonostante l’ossigeno azzurro, il Pd a Roma sarebbe già fuori gara e anche così rischia di non arrivare alla sfida finale. Meloni lo tallona con il 23,1% e quell’11,4% che sceglie Marchini potrebbe sterzare una volta appurato che l’erede dei costruttori al Campidoglio non ci arriverà mai. In compenso non è facile che l’ottima percentuale di Fassina, 8,1%, rifluisca su Giachetti. Non lo sarebbe neppure se Fassina elargisse inviti in questo senso, e non lo farà. Poco male. «Il Pd regge».

Esultanza invece nella capitale morale: «A Milano in testa Sala». In effetti l’ex uomo-Expo guida la corsa con il 39,2% contro il 35,8 di Parisi. Però, anche a non tener conto del fatto che sul Corriere della Sera, campeggiano previsioni diverse, con il candidato di Renzi in testa solo di un punto, resta il fatto che la stessa Demos indica una partita che più aperta non si può. Trattandosi di una piazza dove non doveva proprio esserci gioco, ci sarà davvero da stappare lo champagne?

Per fortuna che c’è Torino e lì con il sindaco Fassino in testa addirittura con il 42,5% contro il 23,1% della principale sfidante Chiara Pendino, M5S, si può festeggiare. Mica vero, e basta scambiare quattro chiacchiere con qualche esponente del Pd, meglio se di fede renziana, per sincerarsene. Ci si sentirà ripetere che «Fassino deve vincere senza ballottaggio, sennò il rischio è enorme». Un po’ tutti i direttori degli istituti di sondaggi concordano. «Nelle sfide dirette Pd-M5S , il Pd perde ovunque», confermano sul Corriere.

Niente paura però. Il Pd regge.

Di Napoli converrebbe non parlare proprio, per non mitragliare la croce rossa. È vero, De Magistris, stando ai sondaggi, dovrebbe andare al ballottaggio, essendo accreditato del 42,1%. A inseguirlo (da lontano) però c’è il candidato della destra Lettieri, col 19,7%, con dietro il lombardo napoletano a cinque stelle Brambilla. Valeria Valente, la candidata imposta dal genio di palazzo Chigi, arranca al quarto posto.

E che vuol dire? Il Pd regge.

È opportuno segnalare che il sondaggio di cui sopra è il più favorevole al «partito che regge», con l’eccezione di quello Winpoll dell’Huffington post, che a Roma vede il renziano a un’incollatura dalla grillina, sotto di appena due punti. Ottimo, se non fosse che la stessa Winpoll profetizza poi mazzata senza scampo al ballottaggio: 60% contro 40%.

I sondaggi si sa sono giochini. La partita è aperta.

Le sparate di ieri provano una cosa sola: che i media italiani hanno ripreso le pessime abitudini di quando, nel 2008, si inventarono un testa a testa inesistente per compiacere Walter Veltroni, che parlava di rimonta senza precedenti nemmeno stesse disquisendo di calcetto ai giardinetti invece che del governo del Paese.

E questa è solo la prova generale. I botti davvero sorprendenti arriveranno col referendum: non è mica un caso se da destra a sinistra, dall’etere alla carta stampata, i direttori favorevoli al no stanno cadendo come le foglie d’autunno.