Io, misero Socrate che non sa filosofare
Francesco Leonetti, Pier Paolo Pasolini, Luciano Serra, Bologna, 1940 (dalla mostra «Folgorazioni figurative» della Cineteca di Bologna)
Cultura

Io, misero Socrate che non sa filosofare

Pier Paolo Pasolini Un percorso di letture, dagli anni bolognesi all’alfabeto dell’intellettuale. Nell'immaginario del poeta, la città emiliana degli anni giovanili corrispondeva a un imprinting in senso lato paterno mentre Casarsa, a un alveo materno di struggente ricettività
Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 7 aprile 2022

Della giovinezza di Pier Paolo Pasolini trascorsa a Bologna fra il ’36 e il 1945 è entrata nel senso comune più che altro la mitografia che il poeta stesso ne ha dedotto in retrospettiva: insomma non molto più che la frequenza del Liceo Galvani (dove conosce alcuni tra i futuri sodali della rivista Officina, Francesco Leonetti e Roberto Roversi), poi il magistero di Roberto Longhi in una auletta dell’Università, al 33 di via Zamboni (dove riceve il senso di una tradizione figurativa perfettamente antipode – Giotto/ Masaccio/ Piero/ Caravaggio – rispetto a quella egemonica e vasariana), infine già dall’immediato dopoguerra i rari ritorni che preludono all’ultimo sulla collina di Villa Aldini in cui gira alcune scene del suo film più efferato e testamentario, Salò.

All’idea che Bologna nell’immaginario del poeta corrispondesse ad un imprinting in senso lato paterno mentre Casarsa, viceversa, ad un alveo materno di struggente ricettività dà ora un’evidenza piena, con decisivi apporti documentari, il volume collettaneo Pasolini e Bologna. Gli anni della formazione e i ritorni (introduzione di Gian Luca Farinelli, edizioni Cineteca di Bologna, pp. 383, euro 25) a cura di due massimi specialisti quali il critico cinematografico Roberto Chiesi e lo storico della letteratura Marco Antonio Bazzocchi.

OLTRE AL RECUPERO di pagine testimoniali (dell’attrice Laura Betti e del grande cineasta Renzo Renzi, che gli fu amico), decisivo è l’apporto di una trentina di testi pasoliniani, per lo più affidati ai fogli della Gil e del Guf, che Andrea Cerica colloca in una precisa cronologia e Anna Tonelli sa ben contestualizzare nell’ambito della produzione giovanile favorita dal regime, laddove Pasolini si sottrae all’encomio e denota semmai un atteggiamento «impolitico» manifestando interessi e predilezioni che rimarranno costanti nel suo prosieguo, dal mito di Edipo alla poesia di Ungaretti, dalle prose di Luigi Bartolini ai primi testi di Mario Luzi.

Non per caso Pasolini situerà a Bologna le sequenze finali del suo film più esplicitamente autobiografico, Edipo re (1967) come non è un caso stia tra il politico e l’autobiografico il genere degli scritti ascrivibili al biennio ’73 -’75, quando la stessa Bologna gli appare (e sarà una pagina poi celeberrima delle Lettere luterane) una città «consumista e comunista», cioè bene amministrata dal Pci e tuttavia minacciata come ogni altra dalla Omologazione neocapitalista se proprio in quel momento egli chiede all’amico Gianni Scalia di tradurre le sue grandi metafore (il Genocidio, l’Universo Orrendo) nell’esplicito linguaggio della economia politica.

L’ultima sua ricomparsa ufficiale in città data 31 maggio ’75 è per la inaugurazione della Galleria d’arte moderna quando un altro amico di sempre, Fabio Mauri, lo utilizza per l’azione scenica intitolata Intellettuale, una seduta premonitoria di body art e insieme la messa a punto di un rito sacrificale mentre sulla camicia bianca del poeta, lì seduto al buio, vengono proiettate le scene più atroci del Vangelo secondo Matteo (’64): «Durante l’azione – scriverà Mauri – si irrigidì in uno spasmo duro, di sofferenza. Poi mi ringraziò, salutandomi, per l’occasione che gli avevo dato di ripensarsi dentro la sua opera».

AGLI APPORTI di Pasolini e Bologna si aggiungono adesso altri due titoli dei curatori, contributi che spiccano nella fitta e non sempre necessaria forestazione del centenario pasoliniano. Curato da Roberto Chiesi (che ne forma peraltro alcune nitide voci cinematografiche) insieme con Piero Spila, Silvana Cirillo e Jean Gili, Tutto Pasolini (prefazione di Philippe Vilain, Gremese, pp. 447, euro 39) è un corposo dizionario frutto di un progetto italo-francese che si avvale, per stare ai soli studiosi italiani, fra gli altri di Guido Santato, Gualtiero De Santi, Roberto Gigliucci, Filippo La Porta, Anton Giulio Mancino e Luciano De Giusti: illustratissimo, il libro è ricco di una iconografia niente affatto risaputa mentre nelle voci, di tono e di ampiezza inevitabilmente diseguali, non solo ricorrono letteratura e cinematografia ma anche temi di natura storico-politica.

DI TAGLIO squisitamente critico è infine Alfabeto Pasolini (Carocci editore, pp. 189, euro 15) che a distanza di molti anni Marco Antonio Bazzocchi ripropone debitamente integrato e aggiornato. Scandito per parole-chiave alla maniera di un vero e proprio abbecedario pasoliniano, Bazzocchi si affida alla diretta escussione dei testi e ad un comprovato talento ermeneutico che non tanto persegue un elenco di temi e di topoi quanto (sono parole della introduzione) di figure in un senso diremmo auerbachiano, «cioè immagini cariche di valori che non possiamo definire simbolici ma che compaiono là dove il discorso si fa più ricco di allusività senza voler prendere la strada del concetto. Tutta l’opera di Pasolini potrebbe essere letta alla luce di queste figure, che qui funzionano come segnali (o allegorie) di una mitologia del pensiero concreto».
E infatti in uno dei suoi testi ultimi e più belli, Versi sottili come righe di pioggia, Pasolini ha dettato alla maniera di un autoritratto la sua più paradossale dichiarazione di poetica: «Parla qui un misero e impotente Socrate/ che sa pensare e non filosofare».

SCHEDA

La mostra «Folgorazioni figurative» a Bologna

Si intitola Pier Paolo Pasolini. Folgorazioni figurative la suggestiva mostra organizzata, con il patrocinio della Università degli Studi, dalla Cineteca di Bologna (che ospita l’Archivio Pier Paolo Pasolini) nel Sottopasso di Piazza Re Enzo (fino al 16 ottobre: per informazioni bookshop@cineteca.bologna.it).

A cura di Marco Antonio Bazzocchi, Roberto Chiesi e Gian Luca Farinelli, l’allestimento, nel buio che esalta ogni cromatismo, si avvale di dispositivi digitali che scandiscono i passaggi di una attitudine stimolata in Pasolini dall’incontro con Roberto Longhi per esaltarsi nella pratica non soltanto del cinema ma di una personale ricerca pittorica. La mostra dispone i materiali per aggregazioni sintattiche e per coaguli percettivi come testimonia l’omonimo catalogo (Folgorazioni figurative, Edizioni Cineteca di Bologna, pp. 312, euro 23), ricco di immagini e dei relativi contributi saggistici.

 

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