Si divide il fronte di opposizione al governo cubano riunito nella piattaforma Arcipelago, che ha programmato la «marcia civica» di domani in varie città di Cuba per chiedere cambiamenti democratici e «la liberazione dei prigionieri politici».

Il drammaturgo Yunior García Aguilar ha annunciato che anticiperà la sua protesta e «marcerà in solitario» oggi pomeriggio nel centro della capitale «con in mano una rosa bianca» (con riferimento a José Martí, l’Apostolo dell’indipendenza dell’isola).

In un comunicato, la figura di maggiore spicco di Arcipelago (circa 30mila aderenti, più della metà all’estero) ha informato che il suo è «un atto di responsabilità» che ha l’obiettivo di disinnescare «la violenza minacciata dal regime» contro le manifestazioni – dichiarate illegittime dal governo – ed evitare «provocazioni».

GARCÍA NON PRENDE ufficialmente la distanza dalla convocazione di una marcia, ma invita chiunque voglia protestare a farlo con «metodi ingegnosi e pacifici». Altri promotori – un paio accusano di «tradimento» il drammaturgo – hanno invece mantenuto la convocazione a manifestare collettivamente, specie in alcune città del centro dell’isola, come Santa Clara, dove è stato denunciato il fermo di uno dei più conosciuti oppositori, Guillermo Fariñas.

Arcipelago mantiene anche la convocazione a marce in solidarietà con quelle di Cuba programmate in un centinaio di città (senza specificare quali) in varie nazioni (la maggioranza negli Stati uniti).

L’INIZIATIVA «IN SOLITARIA» di García è orientata a dare immagini ai mass media esteri più che spazio ai malumori e alle proteste dei settori più marginalizzati, quelli che maggiormente soffrono della grave crisi che attraversa il Paese e che risiedono nei barrios di periferia.

Ma che comunque non eviterà la repressione, perché il drammaturgo ha informato di aver ricevuto concrete minacce di venir arrestato anche se marcerà in solitario. «Mi hanno detto anche dove verrò incarcerato, nel Combinato dell’Est» (all’Avana), ha affermato in un’intervista alla Cnn.

Altri promotori e giornalisti “indipendenti” – non così però i giornali online dove scrivono, come il madrileño Diario de Cuba, ben finanziato dal Dipartimento di Stato americano – sono sotto stretto controllo della polizia e della sicurezza per tentare di impedire la loro partecipazione alle manifestazioni. Alcuni di loro sono stati convocati in stazioni di polizia o hanno ricevuto l’ordine di non uscire di casa.

Membri dell’ambasciata statunitense «seguiranno da vicino le manifestazioni», mentre Washington minaccia nuove sanzioni «se il regime cubano ricorrerà alla violenza». E il responsabile della politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell, ha chiesto alle varie sedi diplomatiche all’Avana di monitorare le marce.

«SI TRATTA DI INIZIATIVE mediatiche, di una strategia imperiale (degli Usa) per cercare di distruggere la rivoluzione (cubana)», iniziative «che ci tolgono il sonno perché «siamo pronti a difendere la rivoluzione», ha affermato venerdì sera il presidente Miguel Díaz-Canel, in un incontro con giornalisti tramesso in tv a reti unificate.

L’OTTIMISMO del presidente viene dal successo del governo nel controllo della pandemia attraverso una vaccinazione di massa e di misure di controllo che hanno permesso di abbassare drasticamente la curva dei contagi riportandola ai livelli dello scorso gennaio (meno di quattrocento al giorno) dopo il picco di circa 10mila contagi al giorno di quest’estate. Questa situazione permette la riapertura (oggi) al turismo, principale motore «di una ripresa».

Inoltre, dopo le manifestazioni popolari dell’11 luglio, partito comunista e governo hanno intrapreso una campagna di iniziative nei barrios più marginali, prima all’Avana e negli ultimi giorni nell’Oriente dell’isola, per ascoltare il malcontento e «rafforzare il poder popular» come forma di organizzazione di base.