Lo scorso 29 novembre Viola Smith ha compiuto la stupefacente età di 107 anni. È nata prima dello scoppio della Grande Guerra e secondo la narrazione comune sarebbe anche all’undicesimo posto tra le persone celebri più anziane del pianeta terra.
Originaria del Wisconsin, oggi vive in condizioni di salute a quanto pare ancora eccellenti, a Costa Mesa in California. Se le chiedete cosa le ha permesso di arrivare a questa età e in queste condizioni la sua risposta è un bicchiere di vino rosso al giorno (fino a qualche anno fa erano due) e la musica.
Viola Smith è una batterista e, incredibile a dirsi, ogni tanto suona ancora come membro decano di un gruppo chiamato Forever Young Band. La sua storia di donna e artista corrisponde alla storia dell’evoluzione musicale del XX secolo. Nacque come Viola Schmitz in una famiglia numerosa, con sette sorelle e due fratelli. I genitori, che gestivano una dance hall, imposero una severa educazione musicale a tutta la progenie.

MEZZO SECOLO
«Avevo sei anni – ha ricordato Viola in un’intervista del 2012 -. Mio padre scelse gli strumenti per tutta la famiglia». Alla fine degli anni ’20, quasi mezzo secolo prima dei Jacksons, nacque la Schmitz Sisters Orchestra con la dodicenne Viola alla batteria. Sostenute e guidate dal padre che imponeva due ore di esercizi musicali al giorno, le sorelle Schmitz, che poi si ribattezzarono per semplicità Smith, iniziarono a suonare nel circuito Radio-Keith-Orpheum (Rko) di teatri vaudeville e nei cinema, ai tempi in cui il sonoro delle pellicole era la musica suonata dal vivo. Il gruppo divenne un fenomeno nazionale partecipando al Major Bowes Amateur Hour, un corrispettivo radiofonico degli anni ruggenti degli attuali talent show.
Nel 1938, quando Elvis aveva tre anni, Viola e la sorella sassofonista Mildred fondarono un nuovo complesso tutto al femminile, The Coquettes, che rimase in attività fino al matrimonio di Mildred quattro anni dopo, ma che riuscì a ottenere diversi successi nel boom dello swing che accompagnò gli anni della II guerra mondiale.
Per una donna essere musicista negli anni ’40 aveva un significato particolare, molte erano considerate dei rimpiazzi per gli uomini, quasi tutti impegnati per obblighi bellici, ma erano ritenute un esempio di patriottismo, un segno della resistenza della nazione nei confronti del conflitto e erano spesso chiamate a intrattenere le truppe (vedi Alias dell’11 maggio 2019). Ma Viola si considerava, ed era, assai più di un rimpiazzo. Nel febbraio del 1940 è sulla copertina di Billboard e si guadagna la fama di «batterista donna più veloce d’America».

QUELL’EDITORIALE
Nel 1941 la storica rivista jazz Down Beat ospita un suo editoriale in cui incoraggiava le orchestre a reclutare musiciste. L’articolo fece a suo modo scalpore. «Perché non permettere alle ragazze di suonare nelle big band? – recitava il pezzo -. In questo periodo di emergenza nazionale, molti strumentisti, star dei complessi di grande nome sono sotto le armi. Invece di rimpiazzarli con talenti mediocri, perché non li sostituiamo con ragazze che sono ottime musiciste?».
Era un coraggioso manifesto che difendeva la dignità e il valore delle artiste, suscitò un dibattito e aiutò l’emancipazione femminile in un una comunità musicale che ai tempi era comunque più evoluta della società e che stava già abbattendo molti pregiudizi, anche razziali. I paragoni con gli uomini rimanevano comunque inevitabili, ma spesso volevano essere solo lusinghieri. Viola venne soprannominata per il suo stile spettacolare «la versione femminile di Gene Krupa», storico batterista bandleader nell’età d’oro delle grandi orchestre jazz. Nella musica di quell’epoca la batteria era molto di più di uno strumento di accompagnamento, era il cuore pulsante di un genere che voleva infuocare le piste da ballo.
Sono gli anni in cui Viola Smith gode di maggiore celebrità e compare come musicista nei film When Johnny Comes Marching Home del 1942 e nella commedia di Abbott e Costello (Gianni e Pinotto) Here Come the Co-Eds del 1945. «Dovreste sentirla suonare, un’esibizione sensazionale che lascia il pubblico senza fiato», scrive di lei il Los Angeles Daily News. Il suo marchio di fabbrica diventa non solo quello stile funambolico, ma anche la sua batteria con diciassette tamburi compresi due tom tom posti simmetricamente all’altezza delle spalle, una Keith Moon prima ancora della nascita di Keith Moon. Lo strumento era opera di Billy Gladstone, musicista dell’orchestra del Radio City Music Hall, ma anche artigiano della musica e grande innovatore nell’evoluzione tecnica della batteria. Gli anni successivi alla guerra la vedono trasferirsi a New York dove perfeziona il suo stile alla scuola Juilliard e si specializza in timpani per orchestre classiche. Sono anni frenetici, la fine del conflitto aveva scatenato una grande voglia di liberarsi dall’angoscia con il divertimento e con la musica.
Viola entra nel circuito musicale della metropoli che stava vivendo un periodo di leggendario splendore grazie ai locali della 52esima strada. Accompagna Ella Fitzgerald, Chick Webb e altri grandi nomi della scena jazz della Grande Mela, entra a far parte dell’ensemble al femminile più famoso del periodo, la Phil Spitalny’s Hour Of Charm Orchestra, per poi entrare anche nei ranghi della Nbc Symphony Orchestra. Nel 1949 suona alla cerimonia di inaugurazione della presidenza di Harry Truman, crea poi una propria band di cui lei è l’attrazione principale, Viola and Her Seventeen Drums.
Nel frattempo pare avesse rifiutato le richieste di Woody Herman e di Benny Goodman di far parte dei loro ensemble e conosce un cantante di tre anni più giovane di lei che le chiede di uscire. Si chiama Frank Sinatra. «Tutte le orchestre di New York avevano i loro cosiddetti ’pranzi notturni’ – ha ricordato Viola in una recente intervista – e volevano tutti mangiare le costolette. Così tutti andavano a un ristorante che faceva costolette. Ogni tavolo aveva otto posti. Un giorno al mio tavolo era seduto Frank Sinatra. Mi chiese di uscire con lui. In realtà non andammo mai a un vero appuntamento, ma ci vedevamo. Lui lavorava ogni notte. Io lavoravo ogni notte. Era veramente difficile uscire insieme. Per qualche tempo però ci frequentammo».

Viola Smith nel 2012 a 100 anni d’età

La sua carriera poi si svolge in gran parte a Broadway dove lavora per il musical Sugar e forma le Kit Kat Klub Kittens per la produzione originale di Cabaret, con Joel Grey, Jill Haworth e Lotte Lenya che rimane in cartellone per buona parte degli anni ’60 per poi fare un tour nazionale. Agli inizio degli anni ’70, Viola, ormai una giovane sessantenne, accompagna Liza Minelli nello show televisivo Liza with a “Z”. Per lei è giunta l’ora di una meritata pensione e si ritira dalla musica professionale per continuare a suonare solo per passione. Nel 2000 viene celebrata al Lincoln Center in un tributo dedicato alle leggende femminili del jazz. All’età di 102 anni ricordava ancora con grande gioia la scelta fatta dal padre, più di novant’anni prima, di farle suonare la batteria: «Non avrei mai potuto augurarmi niente di meglio».