La celebrazione della giornata internazionale della donna ogni anno viene accompagnata dalle polemiche di chi crede che abbia ormai perso i suoi contenuti e sia diventata il simbolo di una nuova commercializzazione ad opera del capitalismo. Eppure, come ogni anno, anche oggi le strade si riempiranno di manifestazioni. Le case delle donne hanno annunciato commemorazioni, iniziative di rivendicazione o di prospettiva. A Roma, un corteo partirà alle 15 dal consultorio di piazza dei condottieri al Pigneto e arriverà al policlinico Umberto I. A Torino il concentramento è previsto a piazza Vittorio, alle 14,30. A Firenze un altro corteo partirà da piazza Annunziata a piazza Strozzi. A Napoli l’appuntamento è in piazza Dante alle 11. Così a Lecce, Palermo e Catania. Manifestazioni convocate in contemporanea a quelle che si svolgeranno in tutte le principali città spagnole, organizzate dalla rete «YoDecido» contro il governo di centrodestra Rajoy che vuole smantellare la legge sull’aborto. La solidarietà italiana alla battaglia delle donne spagnole rientra in una cornice europea. Manifestazioni analoghe sono previste oggi a Parigi, Londra, Vienna, Berlino, Edimburgo e Istanbul. Tutte rivendicano il diritto alla libertà di scelta sulla propria salute riproduttiva.

Lo slogan «IoDecido» costituisce il segno politico di una giornata non rituale perché allude alla necessità di declinare in maniera comune la lotta contro le politiche di controllo sui corpi delle donne e non solo. Ai cortei parteciperanno anche uomini, trans, queer. Presenze che indicano un’inversione di tendenza rispetto al passato, quando le manifestazioni si presentavano puntualmente separate, almeno nelle occasioni di rito, sebbene il movimento delle donne si sia sempre posto l’obiettivo di ridisegnare una società per tutti. Questa eredità pesante è passata oggi nelle mani delle nuove generazioni femministe. L’8 marzo, oggi, significa anche questo: la lotta per l’autodeterminazione contro la violenza delle politiche governative non riguarda solo le donne, ma tutti i soggetti sui quali la politica europea (non) legifera: «Immaginiamo un 8 marzo di lotta e di festa – hanno scritto le attiviste romane – insieme ai movimenti antirazzisti, antisessisti e antifascisti, con i migranti e le migranti che si mobilitano dentro e fuori i Cie, con chi lotta per i beni comuni, il lavoro, il reddito, la sanità e contro le grandi opere». Un abisso rispetto alla discussione sulle «quote rosa» che ha animato Montecitorio dove si discute di un emendamento sull’alternanza di genere nella nuova legge elettorale. Oggi il movimento sorpassa di gran lunga la politica istituzionale.

Nella Capitale l’otto marzo è arrivato dopo una settimana intensa di mobilitazione, iniziata il primo marzo con un flash mob che ha lanciato la campagna «mai più clandestine» a difesa della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidenza. Martedì 4 è stata la giornata di conflitto più intensa. I collettivi e le associazioni aderenti alla rete romana «IoDecido» hanno occupato la sede dell’ordine dei medici per denunciare l’alto numero degli obiettori di coscienza presenti nelle strutture sanitarie della regione Lazio: l’80% del personale medico secondo il ministero della Salute, il 90% secondo le attiviste.

Tre sono le rivendicazioni del movimento: accesso libero e gratuito all’aborto in qualsiasi struttura sanitaria pubblica e in qualsiasi momento; possibilità di scelta effettiva fra aborto chirurgico e farmacologico con la pillola ru486 in regime di day hospital; affermazione dell’autonomia decisionale e della partecipazione attiva di ogni donna a tutto il percorso di nascita. «Non è un mistero che l’obiezione di coscienza sia il passepartout verso lo scatto di carriera e quei pochi medici che invece praticano ancora l’aborto rimangono spesso isolati dalle stesse istituzioni mediche – sostengono le attiviste – Nelle sale parto le donne sono sottoposte ad abusi e violenze ostetriche, fisiche e psicologiche, ad interventi medici non necessari e non acconsentiti».

Quest’anno l’8 marzo mette al centro l’autodeterminazione femminile e rivendica la piena applicazione della legge del 1978 fortemente voluta dal movimento delle donne per eliminare gli aborti clandestini. Conquistata dopo una lunga battaglia contro il governo democristiano dell’epoca, sin da subito questa legge ha covato una falla strutturale: il diritto all’obiezione di coscienza. Questa pratica è diventata oggi un ostacolo all’applicazione della stessa legge.