Il circolo Arci Khorakhané è grande eppure qualche ritardatario non trova posto e torna a casa senza cena. Un peccato (gnocchi cozze e pecorino, riso zucca e gorgonzola, dopo un antipasto monumentale), ma nel menù di giovedì sera a Grosseto il pezzo forte è il fattore umano. L’incontro è organizzato da Velio, Nivio e Mario. Atmosfere bianciardiane, cascate di libri pericolano sui divani. C’è anche poesia, Velio (Abati) è un professore, poeta della scuola di Fortini, e scrittore (Domani il suo romanzo, Manni). Arrivano in molti e molte, c’è l’instancabile prof Maria Pia che organizza il banchetto con magliette e shopper «Iorompo», Franca che si ferma a discutere dopo aver spadellato. C’è Marco Giuliani, presidente del circolo e nipote dell’indimenticabile direttore di Rinascita Adalberto Minucci, nato a Magliano. Più tardi arriva Loriano Valentini, primo sindaco grossetano ad essere sconfitto dalla destra. Oggi qui il primo cittadino ha un cognome blasonato e si segnala alle cronache per aver fatto approvare l’obbligo di presepe nelle scuole. Ma questa sarebbe un’altra storia.

Torniamo al Khorakhané. In molti, dunque, discutono e «sottoscrivono» (grazie). Uniti – chi avendo fatto politica dai tempi del Pdup, chi non avendone fatto mai, chi restando dentro/fuori il Pd – da «un disorientamento» e insieme «dal desiderio di continuare a ragionare» (Nivio). La «fase» è confusa, il governo è «un esecutivo di necessità», così lo definisce Adolfo, «troppo condizionato da Di Maio», «il Pd dovrebbe essere più forte e invece ha paura», «dovrebbe contenere i 5 stelle, ormai la loro funzione l’hanno fatta, traghettare i voti da sinistra a destra», «Zingaretti metta sul piatto due-tre cose chiare: abolire i decreti Salvini, ius culturae e difesa dei lavoratori». Ad appassionare di più è il movimento delle sardine: «Siamo grandi e disincantati, dobbiamo guardarlo con interesse», (Nivio), «esprime bisogni radicali, la fisicità della militanza opposta alla virtualità della rete, l’intenzione di essere ’corpo intermedio’ nell’epoca del populismo che i corpi intermedi ha cercato di smontare», dice Luciana, «Combatte l’antipolitica nata con il concetto di ‘casta’ che ha buttato fango sull’idea stessa della politica». «Certo è merito delle sardine anche questa sala piena, ma sul ruolo dei 5 stelle, no: Salvini è più pericoloso», obietta Mario. «Il populismo fa venire in mente l’uguaglianza repressiva del nazismo», spiega Roberto.

In questa storia che ruolo ha il manifesto? Alla cronista, che più che a parlare è arrivata per ascoltare, Nicola spiega che piacciono le pagine culturali «dove si indagano nuovi linguaggi». A Nico piacciono invece quelle della politica, perché – chiosa Antonella- «c’è una cronaca divergente» e anzi servirebbe spingere «fra il locale e il globale, il contesto spaventoso in cui ci muoviamo». Non tutte rose e fiori: a Nicola non piacciono i comics, a Antonella per fortuna sì. Secondo Giancarlo «per un quotidiano comunista serve un movimento comunista, che non c’è». Non per Fausto: «Il manifesto è un momento di crescita politica e sentimentale, più che sul comunismo si è formato sul bisogno di comunismo». Ricorda una corsa in moto in Val d’Elsa con Luigi Pintor, un secchio di colla e i manifesti «Vota Valpreda», «dobbiamo chiedere per i nostri figli l’occasione di sogno che abbiamo avuto noi».

A proposito di sogni: alle nove arriva Marcello Barachini, l’editore che inventò Stampa alternativa e i libricini Millelire, oggi «bianciardini». Ha «confessato» la sua storia in un delizioso «Manuale per diventare editore all’incontrario». A lungo ha collaborato con il manifesto. Giura di avere ancora un canestro di nuove storie. Storie bianciardiane ma anche manifestine, come quelle che si sono intrecciate giovedì sera a Grosseto, e alle quali i nostri lettori sono abbonati, perché ne sono protagonisti.