Pieno centro multietnico di Lisbona, tra le colline dell’Alfama e della Mouraria da una parte, la piazza di Martim Moniz dall’altra, con alle spalle rua do Benformoso. Baixa è quartiere degradato – sempre meno – problematico, tra tossicodipendenze e prostituzione. Lì, da qualche anno è stato creato un nuovo centro de saude che offre cure a tutto il quartiere. A coordinare l’Unidade de Saude Familiar (Usf) da Baixa, il dottor Martino Gliozzi, italiano, 36 anni.

 

Il primo ministro Antonio Costa all’inaugurazione del centro de saude (Martino Gliozzi è l’ultimo a destra)

 

 

Gliozzi non è facile spiegare in poche parole cosa sia un Centro de Saude, il sistema dei medici di famiglia portoghese funziona in modo differente da quello italiano. È possibile fare una sintesi?

Diciamo che al vertice della struttura dei centri di salute c’è un direttore. Tutti medici di famiglia sono funzionari pubblici e hanno gli stessi diritti e doveri dei medici degli ospedali. Lavoriamo, in gruppi più o meno grandi, in uno spazio gestito dal ministero, i centri di salute appunto, presenti in tutto il paese.

Come nasce questa esperienza?

Originariamente c’era un problema di gestione, serviva quindi un cambio radicale perché medici, infermieri e amministrativi che ci lavoravano erano frustrati e non riuscivano a tirare le fila della matassa. Tutto questo faceva sì che si creassero molti conflitti sia all’interno dell’equipe, che all’esterno con i pazienti. L’idea quindi è stata quella di mettere qualcuno più giovane, meno disilluso e che avesse voglia di cambiare le cose e che fosse in grado di stabilire un rapporto costruttivo tra istituzione e comunità.

È stato scelto sulla base di un progetto o è lei che ha dovuto presentare un piano?

L’idea è mia i responsabili volevano solo che le cose migliorassero, ho poi posto una condizione: che il personale fosse completamente nuovo e che potessi essere io a scegliere i medici, questo perché avevo bisogno di persone motivate.

Quello che ha portato avanti non è stato solo un cambio di gestione…

Baixa era un posto dove nessuno voleva andare e il nuovo personale che ha deciso di venire a lavorare lo ha fatto sulla base di un progetto completamente nuovo. Sostituire il coordinatore non sarebbe stato sufficiente, occorreva mettere insieme persone che condividessero una visione comune.

Chi sono gli utenti?

15mila persone iscritte, 94 nazionalità, Bangladesh, Nepal, Pakistan, Cina. Immigrati quindi, circa il 30% degli iscritti, ma più in generale buona parte dei nostri pazienti sono portoghesi anziani.

Quali sono stati i principali punti di cambiamento…

Se prima erano i pazienti a doversi adattare alle regole del centro, 20 minuti di visita strettamente in portoghese, abbiamo capito che le cose avrebbero potuto funzionare solamente se fossimo stati noi ad adattarci alle persone che avevamo davanti. L’obiettivo è stato quello di riuscire a comunicare e quindi si parla inglese ma molti pazienti non parlano neanche inglese, quindi si prova coi gesti, google translate, le immagini internet… in sostanza ci abbiamo messo più pazienza e voglia di farci capire, preoccupandoci di chi avevamo davanti: un individuo che è diverso da tutti gli altri.

Fa pensare allo spirito della rivoluzione dei Garofani: voi siete una specie di collettivo…

Sì il legame tra di noi è molto intenso, soprattutto nell’equipe medica, ci fidiamo l’uno dell’altro e abbiamo una visione simile di come il centro debba essere gestito. La nostra forza è una grande solidarietà tra di noi, sappiamo che stiamo lottando per la stessa cosa, probabilmente questo dipende anche dal fatto che tutti eravamo consapevoli dove ci andavamo a infilare.

Esiste una difficoltà legata alle differenze religiose?

I nostri pazienti sono cattolici, induisti, musulmani, sikh insomma è un bella mescolanza. Ognuno ha la sua religione e il suo modo di vedere le cose, non è solo una questione di religione ma di imprinting e di retroterra culturale. La questione della donna e quindi della contraccezione, delle visite ginecologiche, è difficile perché molte volte le donne arrivano dopo gli uomini e non hanno una vita comunitaria come gli uomini, e, passando molto più tempo in casa, non parlano il portoghese.

Più in concreto…

C’è una parte che è lo studio, conoscere più approfonditamente certe culture ma dall’altra è anche curiosità, perché le persone sono tutte diverse, non solo per la religione. Il grande punto è l’umiltà culturale, concetto di derivazione antropologica che non si basa sulle semplici competenze, ma ti impone di non fermarti davanti ai pregiudizi. Questo cambia il modo in cui interagisci con gli utenti…

Il vostro progetto si è spinto molto più in là della semplice cura…

Oltre al modo di porci abbiamo deciso di investire anche in progetti che non esistevano prima e che vanno al di là dell’attività assistenziale, per esempio, una volta al mese organizziamo camminate con i pazienti. Ogni volta si parla di vari temi ma fondamentalmente questa è un’attività che serve ad allacciare i rapporti tra la comunità e il Centro di salute sviluppando un rapporto di fiducia.

Un po’ in tutta Europa la politica tende a non mostrarsi troppo accogliente con gli immigrati, qui in qualche modo i politici sono orgogliosi di quel Centro…

Nonostante il drammatico passato di colonizzazione il Portogallo degli ultimi anni è diventato un paese inclusivo, molto di più dell’Italia. António Costa, attuale primo ministro, ha deciso di investire in una zona molto degradata, e in questo centro…

Primo ministro che peraltro ha origini indiane…

Esatto. Un nuovo centro di salute, con buone infrastrutture e condizioni è una rarità, il governo ha speso molti soldi per creare questo posto e penso anche che sia stata forse la prima volta che un primo ministro abbia partecipato a un’inaugurazione di un centro de saude.

Ci sono stati risultati significativi?

Persone che normalmente agli occhi delle istituzioni creano, creavano, problemi e che, grazie al nostro centro sono più integrate e quindi, detto cinicamente, meno problematiche.

L’estrema destra si nutre di insicurezza la quale si radica là dove non esiste una comunità forte, il fatto di esserci un punto di riferimento come il vostro mina alla base questo legame…

Dove manca lo stato si creano le criminalità organizzate e l’insicurezza quindi sì per noi la diversità diventa una ricchezza. Quando mi chiedono se sia difficile lavorare qui, rispondo che è molto più divertente e dà molta più soddisfazione. La politica si fa con la pancia, ma si dovrebbe fare con la testa ed è esattamente questo un modo per gestire una zona ad alta immigrazione. È fondamentale dare dei servizi, anche dal punto di vista sanitario non garantire le cure a tutti, tra cui gli irregolari come succede in Italia, è masochismo.