La distopia è uno strumento narrativo per comprendere la realtà, che permette di immaginare un futuro in cui alle brutture del presente non sono stati posti freni: aiuta a comprendere che cosa potrebbe accadere se non riuscissimo a fermarci. Del resto quante volte, nella storia universale e in quella privata e quotidiana l’umanità dà prova di non saper arrestare la propria capacità di agire il male? La fantascienza, allora, il genere letterario in cui si cimenta da anni Nicoletta Vallorani, dà corpo a un futuro possibile, trasforma i fantasmi in immaginazione.

QUEST’ANNO la casa editrice Zona42 ha ripubblicato Eva (pp. 368, euro 15,90, con capitoli inediti, tre racconti e prefazione di Tiffany Vecchietti), la cui prima edizione risale al 2002 (per Einaudi) e racconta di una storia ambientata nel 2023. Protagonista e voce narrante è Nigredo, un ex bombarolo che investiga sul ritrovamento di cadaveri fatti a pezzi e tatuati da un serial killer, che lui inizia a chiamare «l’Artista», per la precisione della sua mano, per la bellezza che riesce a conferire alla morte. La storia è ambientata in una Milano distrutta da una guerra finita, ma le cui tracce e cicatrici restano, nelle memorie, nei corpi di coloro che hanno avuto la sfortuna di sopravvivere e di continuare a ricordare.

Il presente è un luogo di malattia, di inquinamento, trasformazioni corporee che non hanno alcun rispetto per la vita. Nigredo, Olivia, Eva e i suoi fratelli, Dessa, Yuri si muovono e si incontrano, si innamorano, in questo contesto di disperazione costante: «vorrei essere consolato. Una volta sola per una volta vorrei essere consolato. Vorrei non sognare più il mio incubo Vorrei vederti, vederti, vederti, vederti di giorno domani. Invece domani non vieni».

Eva precede di esattamente diciotto anni l’ultimo romanzo di Nicoletta Vallorani Avrai i miei occhi, sempre edito da Zona42 (pp. 272, euro 13.90). Anche questa storia è ambientata a Milano, una città divisa da muri invalicabili che separano le zone del potere da quelle in cui i sopravvissuti si nascondono per scampare all’orrore. Qui Eva è un nome che ricorre nella mente di Nigredo, che la ama ancora, nonostante quello che lei era, nonostante lei non ci sia più.

IN «AVRAI I MIEI OCCHI», Vallorani descrive un mondo in cui è stato da tempo raggiunto il traguardo di replicare gli esseri umani attraverso la clonazione. La moltiplicazione di esseri viventi ha come scopi principali la vendita e il profitto. Nel tempo del racconto, che è quello di un futuro non troppo lontano, a dominare ancora è soprattutto la mostruosità inarrestabile della violenza sulle donne, fomentata nel romanzo dalla possibilità di costruire dei corpi femminili che per legge possono essere abusati, in quanto cavie. Il romanzo si apre con il ritrovamento di una quantità di corpi di donne che per il Sistema sono cose – il leitmotiv nella storia è: «non sappiamo niente della vita delle cose» – che non hanno potuto essere «riusate». È qui che risiede l’anomalia: qualcuna ha provveduto a concedere loro una morte definitiva.

I mucchi di cadaveri sono più di uno e in un primo momento a indagare sul ritrovamento viene chiamato Nigredo. In Avrai i miei occhi la voce narrante appartiene a Olivia che per l’amore che gli porta, per la sua capacità di empatia sovrannaturale, riesce a seguirlo con la sua mente, a guardare coi suoi occhi ed è attraverso questo punto di vista dislocato che viene costruito il romanzo. Olivia stessa, del resto, è un montaggio di identità diverse: come in Eva anche qui la disgregazione della civiltà si riflette direttamente sui corpi, perché neanche la materia nella realtà raccontata da Vallorani può permettersi alcuna forma di integrità.

IN «EVA» i corpi dei cadaveri uccisi dall’Artista erano puzzle e quelli dei sopravvissuti nient’altro che pezzi rimessi insieme per perpetuare una sopravvivenza dolorosa. In Avrai i miei occhi intero sembra solo «il Pittore», che Vallorani costruisce ispirandosi all’artista Beppe Devalle.

La realtà distopica di Avrai i miei occhi racconta il presente, il perpetuarsi della violenza sulle donne. Vallorani traspone questa verità in un mondo in cui i corpi vengono costruiti e venduti, dove il capitalismo sfrenato sembra aver trovato la soluzione alla domanda incessante di femminicidi. I corpi soli non bastano però, il mercato vuole che anche i cloni soffrano. Una riflessione sul male e sulla realtà del suo essere illimitato.