La valutazione è uno strumento adottato dalle politiche pubbliche per destinare finanziamenti sempre minori agli studenti e alle scuole «meritevoli», cioè ai soggetti «migliori» e più «produttivi» che si affermano nella competizione quotidiana. Ieri questa idea è stata elevata a «filosofia di vita» dal ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza durante la presentazione del rapporto nazionale sulle prove Invalsi 2012-2013 all’Istituto tecnico industriale Galileo Galilei di Roma.

Il rapporto analizza le «performance» in italiano, matematica e nella comprensione dei testi di un campione di 13 mila scuole, 141 mila classi e oltre 2 milioni di studenti. Questi ultimi stati usati come banco di prova della nuova filosofia di Stato adottata nelle scuole e nelle università dal centrosinistra prodiano nel 2007, perfezionata con la riforma Gelmini e dal regolamento emanato dall’ex ministro dell’Istruzione «tecnico» Profumo. Le prove hanno l’obiettivo di valutare gli studenti in base alla capacità di dare risposta ai quiz di matematica negli ambiti «spazi e figure», «relazioni e funzioni». «numeri» e «dati e previsioni». I più abili sono stati gli studenti della provincia autonoma di Trento, del Friuli, del Veneto, Marche e Piemonte. I peggiori sono quelli delle regioni meridionali. I pugliesi, abruzzesi e lucani hanno dato prova di cavaserla meglio con l’algebra e la geometria. Anche sulla grammatica italiana e sulla comprensione dei testi i meridionali confermano gli stessi esiti deludenti.

Per Carrozza, che non ha smentito il progetto di introdurre l’Invalsi alla terza prova della maturità rendendo vincolante il risultato per il voto finale e poi per il punteggio di entrata nelle facoltà a numero chiuso, quello delle prove «non è guerra di religione» ma un «processo di auto-valutazione per pesare le differenze territoriali e avere un riscontro sul livello delle competenze».

L’obiettivo è di spingere il nostro paese in alto nelle «classifiche» di rendimento Ocse attraverso l’adozione della valutazione, uno dei principali strumenti del new public management, la filosofia della gestione aziendale con la quale vengono gestiti da almeno vent’anni in Italia tutti gli enti locali, l’amministrazione e la vita pubblica. In questa cornice «potenzialità», «rendimento», «performance», «valutazione» e «responsabilità» costituiscono gli obiettivi ai quali attraverso l’Invalsi lo Stato intende «educare» studenti docenti e presidi-manager ai valori della competizione e della valorizzazione del capitale umano. In una scuola con sempre minori risorse, la battaglia neoliberista per il «neomanagerialismo» di Stato è l’ultima possibilità per «conoscere quello che siamo» ha detto ancora il ministro.

In attesa di raggiungere questo obiettivo socratico, Carrozza ha finalmente convocato un tavolo per prolungare i contratti in scadenza a dicembre dei 40 precari dell’Invalsi, coloro che dovrebbero sostenere l’immane compito di valutare tutte le scuole e gli studenti italiani dal 2014. Il suo impegno è quello di nominare entro luglio i vertici dell’Invalsi oggi commissariato (rimandiamo all’inchiesta su Il manifesto del 18 giugno e sul nostro blog il quinto stato del 2 luglio). Domenico Pantaleo, segretario di Flc-Cgil, ha chiesto al ministro di modificare il regolamento delle prove Invalsi. «Burocratiche» le definisce. Flc ha avviato una raccolta firme e promette di impugnarlo. Guerra di religione no, ma l’Invalsi resta ancora una lunga strada minata.