Prima le armi, ora i libri di scuola: le relazioni tra Israele e Myanmar passano per questioni sensibili. Da tempo Tel Aviv è accusata di vendere armi al governo birmano, impegnato in quella che l’Onu ha definito «pulizia etnica» nei confronti della minoranza musulmana dei rohingya.

Difficile stimare l’effettivo valore delle vendite vista la segretezza dei contratti, ma pare si viaggi sull’ordine delle decine di milioni di euro. Tel Aviv nega, sebbene il comandante della Marina del Myanmar abbia visitato due volte Israele in pochi anni e sulle navi birmane siano installati equipaggiamenti militari made in Israel.

E ieri è stato siglato un nuovo accordo, stavolta alla luce del sole: i due governi hanno firmato un’intesa per avviare scambi tra studenti dei due paesi e modificare i rispettivi libri di testo scolastici, dalle elementari all’università, per adeguarli alle proprie narrative interne. Ad apporre la firma la vice ministra degli esteri Tzipi Hotolevy, falco famoso per le sue dichiarazioni razziste, e l’ambasciatore del Myanmar, U Maung Maung Lynn.

Tel Aviv fornirà alla controparte materiale sull’Olocausto e «la sua lezione sulle conseguenze negative di intolleranza, razzismo, antisemitismo e xenofobia». Da parte sua il Myanmar girerà materiali sulla storia del paese con cui adeguare i libri di testo israeliani.

Immediata la reazione della Lista araba unita: «Questo è un accordo immorale – ha detto il suo leader Ahmad Tibi – che incoraggia crimini di guerra di chi commette genocidi contro i musulmani in Myanmar».