Il caos libico esce amplificato dal negoziato in corso tra Tripoli e Bengasi. Dopo l’annullamento dell’incontro previsto martedì tra il generale Haftar, capo dell’esercito in Cirenaica, e al-Sarraj, premier del governo di unità nazionale (Gna), ieri le carte si sono mescolate di nuovo: i due avrebbero raggiunto un’intesa di massima.

Elezioni politiche e presidenziali entro febbraio 2018, riforma della costituzione e revisione parlamentare dell’accordo politico promosso dall’Onu e fautore della nascita del Gna. Se ne dovrebbe occupare una commissione congiunta di 15 membri per ogni parlamento, quello di Tripoli e quello di Tobruk.

Tutto sembrava saltato martedì sera: al-Sarraj aveva atteso invano Haftar per due ore all’hotel Nile Carlton nella capitale egiziana. Secondo i media locali, il generale si è rifiutato di incontrare il primo ministro (di cui non riconosce la carica) perché la sua proposta di pacificazione passava per l’assoggettamento dell’esercito al potere politico.

Inaccettabile per Haftar che, se nominato capo delle forze armate nazionali, vuole mano libera: «Il pieno controllo dell’esercito e della sicurezza in Libia», scrive l’agenzia libica Libya al-Khabar.

Il rifiuto si fonda su una convinzione: il generale sente di trovarsi in una posizione di forza, grazie al sostegno dell’Egitto e a quello della Russia che avrebbe acconsentito ad inviare armi (nonostante l’embargo) in cambio di una base militare a Bengasi. Ma Mosca in questi giorni non si esprime, forse intenzionata a ritagliarsi un ruolo in stile siriano: mediatrice e non incendiaria.

Secondo quanto riportato da Agenzia Nova, altro punto di rottura è stato il mancato allontanamento da parte di al-Sarraj delle Brigate di difesa di Bengasi, gruppo islamista con tendenze qaediste che con Haftar si è ampiamente scontrato prima di rifugiarsi a Sirte, dove ha preso parte marginalmente all’operazione contro l’Isis sotto l’egida del Gna.

Meno di una settimana fa le Brigate di Bengasi avevano rivendicato l’abbattimento di un elicottero di Operazione Dignità, lanciata tre anni fa dal generale. E ieri l’autoproclamato Esercito nazionale libico, guidato da Haftar, ha risposto lanciando un duro attacco aereo a sud di Sirte contro una base della milizia islamista.

Fratture cicliche che l’Egitto prova in tutti modi a ricucire per giungere ad una pacificazione di base e al lancio di un processo politico in cui Il Cairo abbia piena voce in capitolo.

Onu e Europa per ora non si esprimono, ma nel recente passato hanno guardato con favore al coinvolgimento di Haftar nel Gna, consapevoli di non poterne più fare a meno vista l’estrema debolezza di al-Sarraj, la sua incapacità a controllare l’intero paese e a racimolare un minimo di consenso popolare.

Dietro le quinte restano pedine importanti, come Khalifa Ghwell e le Brigate di Misurata, che pretenderanno di rivestire un ruolo nel futuro del paese.