Un minuto di silenzio, ieri a mezzogiorno, in tutti i commissariati di Francia e al ministero degli Interni, in ricordo dei due poliziotti uccisi a coltellate lunedi’ sera, il vice-comandante Jean-Baptiste Salvaing e la moglie, Jessica Schneider, impiegata amministrativa. Il figlio di 3 anni, testimone dell’assassinio della madre, è ancora all’ospedale. Con il fratellastro, sarà “pupille de la nation” (“adottati” dalla nazione, istituzione nata in Francia nel luglio ’17 per gli orfani della prima guerra).

L’assassino, Larossi Abballa, era schedato “S” ed era stato messo sotto controllo a più riprese, ma era riuscito a scomparire dai radar della polizia. Nell’ultimo processo, nel 2013, quando era stato condannato per “associazione a delinquere con scopi terroristici” a poco più di 2 anni di carcere (liberato perché aveva già scontato la pena in carcere preventivo) aveva spiegato i motivi che lo avevano spinto a entrare in un gruppo che si occupava di organizzare spostamenti di combattenti in Pakistan e Afghanistan: “la mia storia è eguale a quella di tutti qui (ai Mureaux, periferia parigina). Avevo bisogno di riconoscimento, non lavoravo e non ero riuscito a passare l’esame per il Cap (certificato di attitudine professionale). Allora abbiamo cominciato a parlare di religione e ho trovato conforto”. In occasione di un arresto, nel 2011, gli inquirenti, secondo Le Monde, avevano rilevato che gli scambi mail con dei complici, facevano “manifestatamente riferimento alla volontà di Larossi Abballa di agire in Francia”. I giudici avevano sottolineato che “azioni violente sul territorio nazionale non sono da escludere”. Il gruppo di Abballa si era allenato alla lotta nei parchi della Courneuve e di Argenteuil, avevano scambiato testi inneggianti alla jihad e dei manuali per la costruzione di esplosivi.

La Francia resta in allarme. Una notizia pubblicata sul quotidiano belga La Dernière Heure ha fatto discutere ieri, anche se le autorità di Parigi e Bruxelles restano molto prudenti. Secondo il quotidiano, ci sarebbero elementi per temere una minaccia terroristica “imminente” nei due paesi. In Belgio, sarebbero nel mirino centri commerciali, fast food e edifici della polizia. La Dernière Heure scrive che “dei combattenti avrebbero lasciato la Siria circa una settimana e mezza fa per raggiungere l’Europa via la Turchia e la Grecia, in barca, senza passaporto. Queste persone si dividerebbero in due gruppi, uno per il Belgio, l’altro per la Francia. Secondo informazioni raccolte, sarebbero già in possesso della armi necessarie e l’azione sarebbe imminente”. E’ questo un nuovo esempio di voci incontrollate che circolano, senza prove, ma che contribuiscono a rendere sempre più teso un clima già incandescente. Il governo deve difendersi dagli attacchi della destra, che chiede come sia stato possibile che un condannato, schedato “S”, non fosse ai domiciliari e sotto controllo. La destra ha chiesto l’istituzione di un sistema di “imprigionamento” preventivo per i sospetti, che il primo ministro Manuel Valls ha respinto: “non ci sarà una Guantanamo francese”. Il ministro degli Interni, Bernard Cazeneuve, ha annunciato ieri che verrà data l’autorizzazione ai poliziotti di restare armati anche fuori servizio, anche quando non ci sarà più lo stato d’emergenza.

C’erano legami tra Abballa e altri jihadisti? E’ stato rivelato che c’è stato uno scambio di messaggi tra Mohamed Abrini, in carcere in Belgio, sospettato di legami con gli attentati di Parigi del 13 novembre e quelli di Bruxelles del 22 marzo, e un co-detenuto. “Qualcosa si muove in Francia” avrebbe scritto Abrini. Nel post di 12 minuti messo su Facebook nella notte di lunedi’, inviato dalla casa delle sue vittime, Larossi Abballa, dopo aver minacciato alcune personalità e professioni, ha fatto riferimento esplicito all’Euro 2016: “vi riserviamo qualche sorpresa per l’Euro, non vi dico di più, l’Euro sarà un cimitero”.