Interno notte. Suona il telefono della Casa Museo di Antonio Gramsci a Ghilarza.
Pronto?
Sì. Chi sei?
Uno studente universitario. Vengo a Ghilarza il 4 luglio. Vorrei prenotare la visita.
Sono andati via tutti a quest’ora… Ma lasciami il tuo nome. Sto scrivendo…
Gennaro. E tu chi sei, se tutti sono andati via?
Antonio Gramsci.
Come hai detto?
Hai sentito bene. Tutte le notti di tutte le estati torno qui, nella casa della mia infanzia e adolescenza…

È la tua casa, lo so. Mio padre è comunista, quando ero bambino mi ha letto le tue lettere dal carcere raccolte in un libro intitolato ‘L’albero del riccio’.
Io comunista lo sono stato da giovane. Cosa studi in particolare?
Storia e sociologia.
Sono contento per te, studiare è commovente e liberatorio – conoscere per trasformare è la mia passione. Auguri, Gennaro.
No! Aspetta. Posso chiederti qualcosa?
Certo. Ma… non hai sonno a quest’ora?
Studio volentieri di notte, Antonio – il silenzio mi concentra.
Bene, dimmi allora.
Ascolta: da quando sei morto, hai visto cosa succede nel mondo?
Sì. Non posso fare, ma posso ascoltare e vedere.
E che ne pensi?
Di cosa precisamente, Gennaro?
Della crisi, la grande crisi che ha colpito il mondo a partire dai subprime, dal 2006…

Hai letto i miei ‘Quaderni’?
Ho cominciato. Ho visto che anche tu parli di una grande crisi, quella del 1929.
Gennaro, la crisi che sconvolge il mondo oggi è quella stessa crisi. Ed è nata prima del 1929.
Ah sì? E quando?
Della crisi come tale non vi è data d’inizio, ma solo alcune manifestazioni più clamorose che vengono identificate con la crisi. L’autunno del 1929 col crack della borsa di New York è per alcuni l’inizio della crisi. Ma tutto il dopoguerra è crisi, con tentativi di ovviarla, che volta a volta hanno fortuna in questo o quel paese, niente altro. Per alcuni (non a torto) la guerra stessa è una manifestazione della crisi, anzi la prima manifestazione; appunto la guerra fu la risposta politica ed organizzativa dei responsabili.

Responsabili di che?
Responsabili politici ed economici e culturali della «crisi organica», come l’ho nominata io. Oggi siamo arrivati alla sua fine: alla fase agonica della crisi della civiltà moderna…
Cioè, aspetta, la crisi… organica… è la crisi dell’intera civiltà moderna?
Sì.
E quindi?
E quindi bisogna fare oggi ciò che hanno fatto tra Quattrocento e Cinquecento una miriade di intellettuali di ogni ordine e grado per superare la crisi della civiltà medievale – con la costruzione della civiltà moderna, appunto. La storia del mondo è storia di civiltà che si succedono in dissolvenza incrociata.
E come mai i marxisti, i comunisti questo non l’hanno capito?
Il concetto di crisi di civiltà è loro estraneo. I marxisti e i comunisti volevano compiere nella civiltà moderna ciò che i liberisti, i borghesi, non erano riusciti a compiere. Non avevano in mente la costruzione di una nuova civiltà.
Vero. Nemmeno Marx parla di questo.
Marx ha capito molto, Gennaro, e molto non ha capito.

Fammi un esempio.
Non ha capito la funzione complessa dello Stato. Lo riduceva alla ‘forza’ e non comprendeva il ‘consenso’. Lo immaginava semplice organizzazione della forza fisica della classe dominante in funzione del dominio di classe.
E per te cos’è lo Stato?
Tutto il complesso di attività pratiche e teoriche con cui la classe dirigente giustifica e mantiene il suo dominio non solo ma riesce a ottenere il consenso attivo dei governati.
Ma il Mercato l’aveva capito, no?
Non aveva capito quanto e come il Mercato è regolato dallo Stato. Mercato determinato è un determinato rapporto di forze sociali in una determinata struttura dell’apparato di produzione, rapporto garantito e reso permanente da una determinata superstruttura politica, morale, giuridica.
E la politica?
Secondo Marx per capire il mondo è decisiva l’economia, la struttura, e per cambiare il mondo è decisiva la politica, la sovrastruttura. Una contraddizione. Un mondo diviso in due.

Cioè? Non è grande l’idea della struttura e sovrastruttura?
No. Non spiega come nasce il movimento storico. Se la sovrastruttura ideale riflette la struttura materiale non si capisce da dove vengano fuori le innovazioni. Le innovazioni e il movimento storico si spiegano se si sostituisce alla ‘struttura materiale’ un altro concetto: le ‘condizioni materiali e ideali’, ed alla ‘sovrastruttura ideale’ un altro concetto: le ‘iniziative razionali’. Il rapporto concreto tra le condizioni e le iniziative è costruito attivamente dagli intellettuali, intesi come gli organizzatori di ogni ordine e grado. Ecco.
Mhm… E tu parli di questo nei Quaderni?
Sì. Ma più in generale critico radicalmente il marxismo, e anche la sociologia, e le loro idee delle leggi della storia e della società, e inizio la costruzione di una nuova scienza, la scienza della storia e della politica. Leggi, capirai, se vuoi capire.
Aspetta. Ma tu, non eri marxista e comunista?
Da giovane, sì. Ma quando sono stato arrestato dai fascisti e messo in carcere, mi sono chiesto: ma perché i comunisti sono stati sconfitti dai fascisti? Altri marxisti, altri comunisti, hanno dato la responsabilità della sconfitta ai fascisti e alla loro violenza, ai padroni e al loro egoismo, alle masse e alla loro ignoranza. Io ho riflettuto autocriticamente sulle responsabilità nostre, politiche e intellettuali e morali, Gennaro.

Insomma il marxismo non basta a risolvere i problemi del capitalismo.
No. Il marxismo è in crisi perché è insufficiente come teoria.
E i marxisti non hanno capito il tuo nuovo modo di pensare nei ‘Quaderni’?
Hai visto la foto che i marxisti hanno messo sulla copertina dell’edizione critica dei Quaderni? Una mia foto tessera del 1916, non la mia foto segnaletica carceraria del 1933. Per dire che io scrivendo i Quaderni pensavo esattamente ciò che pensavo da giovane.
E perché gli intellettuali di sinistra non hanno sviluppato questa tua ricerca?
Perché non studiano la realtà e non costruiscono opere di scienza nuova. Sono disfattisti. Secondo te non è puro disfattismo trovare che tutto va male e non indicare criticamente una via d’uscita da questo male? Un intellettuale ha un modo d’impostare e risolvere il problema: lavorando concretamente a creare quelle opere scientifiche di cui piange amaramente l’assenza, e non limitarsi a esigere che altri (chi?) lavori.

I marxisti, vabbene, ma i sociologi? Loro l’hanno analizzata questa crisi, no? Che mi dici di Zygmunt Bauman?
Bauman ha descritto certe manifestazioni della crisi nella sua forma presente. Ma nella scienza non bastano i come, le fotografie, servono i perché, i concetti. «Svuotati di potere e sempre più indeboliti, i governi degli Stati sono costretti a cedere una dopo l’altra le funzioni un tempo considerate monopolio naturale e inalienabile degli organi politici statali», ha scritto Bauman. È così, ma perché è successo non lo spiega.
Cioè non sa cos’è questa crisi?
Secondo lui la crisi è inconoscibile da chi la vive: «L’inizio o la fine di un’era non sono conoscibili da chi vi si trova immerso.»
Che devo fare allora? Non devo studiare il marxismo, la sociologia, la storia?
Certo che devi studiare. Tutte le scienze sociali, che sono ricche di descrizioni. Ma non bastano le scienze date. Occorre sviluppare nuove scienze, e nuove arti. Come hanno fatto Machiavelli e Galileo, Brunelleschi e Masaccio… Occorre ripensare tutto, e rimettersi all’opera, quando tutto è o pare perduto, ricominciando dall’inizio. Ripensa tutto e ricomincia dall’inizio anche tu, Gennaro.
Ci penserò sopra e sotto. Grazie, Antonio. Che farai ora, dopo la telefonata?
Uscirò a fare quattro passi sotto la luna piena. Andrò nel meleto vicino, a vedere se c’è qualche famiglia di ricci che raccoglie le mele nuove. Stammi bene.

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