Continua a soffiare forte, sulle scene italiane, l’onda d’urto della drammaturgia catalana: testi semplici, di assoluta «quotidianità», capaci di parlare a tutti, evocando immagini e ricordi di ciascuno, ma scoprendone allo stesso tempo il carattere evocativo, qualche volta torbido, irrazionale e spesso poco giustificabile nel vivere quotidiano. Un’onda di affetti e di rapporti che mima la realtà, esponendola senza pietà al giudizio più crudele, che tutti siamo costretti a vivere, magari anche con un sorriso, per quanto tirato. Come un rapporto tra madre e figlio di assoluto affetto ma di contrastanti interessi, che solo dopo la morte (della madre) si realizza in maniera «corretta« restaurando i giusti e doverosi sentimenti.

DOPO i due Mirò, Pau e Josep Maria, arriva ora la doppia firma di Santiago Carlo Ovès e Jordi Galceran, autore il primo dell’originario film argentino, drammaturgo appunto catalano il secondo, che lo ha adattato per la scena. Come aveva fatto per due testi del primo Mirò, Enrico Ianniello (per Teatri uniti) usa il grimaldello fascinoso della traduzione e ambientazione nella Napoli del dialetto, curandone regia e interpretazione. E cattura totalmente il cuore e l’esperienza di un pubblico sempre più coinvolto ed entusiasta nel salotto un po’ fané del Sannazaro.

Giacomino e mammà (nella seconda settimana di maggio al teatro Gerolamo di Milano) si apre come una sorta di match tra il figlio quarantenne (lo stesso Ianniello) e l’anziana madre vedova, che occupa la casa che a lui farebbe comodo vendere per soddisfare le «esigenze» di moglie e figli, nel momento in cui ha perso lavoro e forse anche attendibilità.

MA LA MADRE ha la presenza straordinaria e impetuosa di una delle nostre più grandi attrici sulla scena, Isa Danieli. Che sa dispensare con maestria tenerezze, ma alternandole a colpi bassi, come la relazione intrecciata da qualche tempo con un simpatico homeless argentino: non per amore precisa, ma per necessità di compagnia!

Nel duello di affetti e pretese reciproci, mammà Danieli non ha bisogno di strafare: è una gara di souplesse e rivendicazioni, che trovano soluzione e ricomposizione nel colpo di scena della seconda parte, ovvero nella presenza ancor più determinante ottenuta quando lei sarà deceduta. Una commedia all’antica, eppure maledettamente attuale, una grande prova d’attrice che ci fa dolorosamente ridere di noi stessi. E dei molti luoghi comuni di cui siamo soliti rivestire i sentimenti.